Nella seduta del 30 giugno scorso il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) dell’Inps ha approvato il Rendiconto per il 2020. Il documento contabile era stato preceduto nei mesi scorsi da un pre-Rendiconto del Bilancio sociale molto esaustivo circa gli andamenti finanziari dell’Ente previdenziale che gestisce un bilancio inferiore soltanto a quello dello Stato e che, durante la crisi, ha combattuto in prima linea – spesso vittima di critiche ingenerose – per assicurare ai lavoratori le tutele decise dal Governo e dal Parlamento, dovendo affrontare una crescita esponenziale delle prestazioni da erogare e l’esigenza di predisporre sollecitamente le procedure informatiche per liquidarne di nuove. È il caso allora di non ritenere superato il pre-Rendiconto anche per le sue caratteristiche descrittive che aiutano a comprendere l’astratta logica dei numeri, come si addice a un Rendiconto economico-finanziario. E di valutare insieme i due documenti; infatti, pur se cambiano in numeri in conseguenza dell’aggiornamento, le tendenze trovano conferma. 



Pensioni, il pre-rendiconto sociale

L’analisi dei dati di stima del Pre-Rendiconto Sociale 2020 evidenziava un gettito contributivo pari a 225,5 miliardi di euro, in diminuzione di circa 11 miliardi di euro rispetto al gettito di 236 miliardi di euro sul consuntivo 2019, in aumento di oltre quattro miliardi (+1,9%) rispetto alle previsioni assestate nell’ottobre 2020. I trasferimenti dalla fiscalità generale sono stati, nel 2020, di 143 miliardi di euro, in aumento di 19 miliardi rispetto al 2019 e in diminuzione di 6,7 miliardi rispetto alle previsioni dell’ottobre scorso. Le uscite per prestazioni istituzionali si attestavano a 360 miliardi di euro, in aumento di 29 miliardi rispetto al consuntivo del 2019 e in riduzione di circa 11 miliardi di euro (-3,2%) rispetto ai 371 miliardi di euro delle previsioni assestate. 



L’attenuazione delle più negative previsioni rispetto a quelle elaborate nell’ottobre scorso era sostanzialmente ascrivibile al minor ricorso alle misure di sostegno al reddito. Si è stimato, infatti, un utilizzo delle ore di cassa integrazione pari al 40% rispetto alle ore autorizzate (c.d. tiraggio). Questo dato – sia pure nei limiti di una stima – è molto importante, perché ridimensiona l’ammontare dell’accesso alla Cig, rispetto alle richieste; e segnala quindi – pur senza sminuire l’importante mole di ore di sospensione dal lavoro – una situazione economico-produttiva meno grave di quanto previsto. 



La spesa di carattere pensionistico rimane sostanzialmente invariata e si attesta a 268,5 miliardi di euro. La spesa per le pensioni e assegni sociali è di 5 miliardi di euro, quella per le prestazioni di invalidità civile è di 19 miliardi di euro, di cui 4 miliardi per le pensioni di invalidità e un ulteriore miliardo per le maggiorazioni compresi i riflessi della sentenza della Corte Costituzionale a favore dei totalmente invalidi con almeno 18 anni. Il saldo finanziario di competenza e di parte corrente è negativo per 5,7 miliardi di euro. Nel 2019 il risultato finanziario di parte corrente, invece, aveva fatto registrare un saldo positivo pari a 6 miliardi di euro. In termini comparativi, quindi, il saldo finanziario di competenza 2020 e di parte corrente registrava un peggioramento rispetto al 2019 di 12,5 miliardi di euro. Si sottolineava, comunque, un miglioramento di 10 miliardi (+63,8%) rispetto al saldo negativo di 15 miliardi stimato nel preventivo assestato 2020. In sede di Rendiconto generale si tirano le somme che consistono in 25,5 miliardi di risultato d’esercizio negativo, in peggioramento di quasi 18 miliardi rispetto al 2019. Ovviamente il saldo negativo determina anche un riduzione corrispondente di quello patrimoniale che si riduce a un attivo di 14,5 miliardi a fronte degli oltre 39 miliardi del 2019. 

Ammortizzatori sociali

Il 2020 è stato l’anno degli ammortizzatori sociali la cui erogazione è stata fortemente caratterizzata dall’emergenza pandemica e dalla frammentarietà dei provvedimenti normativi con i quali il legislatore ha inteso integrare le tutele e la platea dei destinatari anche a soggetti non beneficiari di prestazioni assicurative a sostegno del reddito. La spesa per i trattamenti di disoccupazione e anche il numero complessivo degli stessi, al netto della mobilità, si riconferma nella misura preventivata, nell’ottobre scorso, in occasione dell’assestamento del bilancio preventivo 2020. La stima degli oneri per i trattamenti di disoccupazione, infatti, si attesta in 13 miliardi di euro a favore di 2.700.000 lavoratori, al netto dei beneficiari della disoccupazione agricola in fase di definizione. Una cifra che meriterebbe una riflessione in relazione a un blocco dei licenziamenti per 9 dei 12 mesi dell’anno considerato. Nel 2020 sono state concluse anticipatamente 570.000 erogazioni Naspi, di cui 128.000 per reimpiego con contratti a tempo indeterminato, 240.000 per reimpiego con contratto a tempo determinato di durata superiore a sei mesi. La spesa per i trattamenti di sospensione di rapporto di lavoro, Cassa integrazione nelle varie forme, è stata sostenuta dalla fiscalità generale per 6 miliardi di euro, mentre per altri 6,5 miliardi di euro hanno pesato, in termini solidaristici, sulla gestione per le prestazioni temporanee Inps alla quale afferiscono i peculiari contributi versati dalle imprese. A favore di lavoratori autonomi o con particolari condizioni contrattuali, quali quelle dei lavoratori dello spettacolo, sono stati erogati i cosiddetti bonus a carico della fiscalità generale per un ammontare complessivo di 7 miliardi di euro.

La situazione complessiva delle risorse destinate a sostegno del reddito, in caso di sospensione dell’attività lavorativa, evidenzia un minor onere, rispetto alle previsioni di oltre 8 miliardi di euro. Sono stati comunque 4,5 milioni i lavoratori dipendenti, dei settori che versano i peculiari contributi assicurativi, sospesi dal lavoro nel 2020, 9 volte di più di quelli del 2019. 

Contenzioso amministrativo e giudiziario

Un capitolo interessante riguarda l’analisi del contenzioso amministrativo e giudiziario per le sue ricadute sia sul riconoscimento dei diritti dei lavoratori, sia delle entrate dell’Istituto. Nel 2020 i ricorsi amministrativi pervenuti sono stati 169.032, mentre quelli presentati in sede giurisdizionale sono stati 222.488, per un totale di 391.520. Le spese legali, nel 2020, per la soccombenza ammontano a oltre 200 milioni di euro. I ricorsi amministrativi sono di competenza dei Comitati e delle Commissioni, la cui attività è prevalentemente a titolo gratuito. Il contenzioso giudiziario, il più oneroso, vede soccombente l’Istituto nel 39% dei giudizi definiti nel complesso. Più in particolare, per quanto riguarda le prestazioni a sostegno del reddito la soccombenza è del 38%. Relativamente alle prestazioni pensionistiche la soccombenza dell’Istituto è pari al 36% e per i ricorsi presentati da lavoratori autonomi è del 46%.

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