Nel rendere note le stime definitive del Pil per l’anno 2022 e i dati del Conto consolidato delle amministrazioni pubbliche con il suo saldo rilevante ai fini del rispetto dei criteri di Maastricht, l’indebitamento netto, più noto al grande pubblico come disavanzo, l’Istat ha anche provveduto anche significative revisioni dei conti pubblici anche per gli anni passati.
La ragione è il differente trattamento contabile dei crediti d’imposta relativi ai bonus dell’edilizia, richiesto da nuove regole introdotte dall’Eurostat. L’ufficio statistico dell’Unione europea ha infatti stabilito che i crediti che hanno la caratteristica della cedibilità e che sono utilizzabili in compensazione di altri debiti fiscali debbano essere registrati come spese nell’anno in cui si formano.
La nuova regola si applica anche a ritroso e comporta in conseguenza una significativa revisione al rialzo della spesa pubblica, e in conseguenza anche del disavanzo, per tutti gli anni per i quali sono stati in vigore, a partire dal decreto Rilancio del governo Conte II, i provvedimenti del superbonus e del bonus facciate con la connessa libera cessione dei crediti.
Mentre nel passato i crediti d’imposta relativi a interventi di ristrutturazione edilizia, che non erano tuttavia cedibili, generavano in termini di cassa minori entrate fiscali negli anni in cui erano fiscalmente utilizzabili per compensare le imposte dovute, e dunque producevano un effetto diluito in un arco temporale elevato, di solito decennale, e anche in termini di competenza venivano conteggiati in tali anni, coi nuovi criteri l’onere prodotto sulla finanza pubblica dai crediti cedibili deve essere invece contabilizzato per competenza nel periodo in cui si forma il credito e dunque registrato in unica soluzione come maggiore spesa in conto capitale anche se in tale periodo esso non produce alcuna uscita di cassa. Questo comporta tuttavia un peggioramento dei saldi di finanza pubblica per gli anni in cui la revisione ha luogo e un corrispondente miglioramento negli esercizi futuri nei quali essi sarebbero stati invece contabilizzati seguendo le vecchie regole.
Nel lungo periodo l’effetto sulla somma dei disavanzi è neutro, mentre in termini di cassa non cambia nulla rispetto al passato in quanto ora non vi sono maggiori esborsi, la spesa pubblica non cresce, mentre in futuro vi saranno i consueti minori incassi quando i crediti fiscali saranno utilizzati. Come ha precisato l’Istat, l’effetto complessivo sui conti nel lungo periodo della voce in oggetto “è il medesimo, sia che la stessa sia registrata come minore entrata tributaria (in futuro, precisiamo noi), sia che venga registrata come maggiore spesa (oggi)”, mutando ovviamente in maniera sensibile il profilo temporale.
Secondo i calcoli dell’istituto di statistica, l’effetto netto sul deficit, ovvero la differenza tra le maggiori uscite in conto capitale contabilizzate e le maggiori entrate relative alle maggiori imposte, è stato 2,7 miliardi nel 2020 e di 32,3 nel 2021, per un totale di 36 miliardi (due punti di Pil), mentre il deficit 2022, non soggetto a rettifica ma calcolato direttamente con le nuove regole, è risultato appesantito di oltre 45 miliardi per tale effetto (oltre due punti di Pil).
In totale si tratta di oltre 81 miliardi che vengono attribuiti agli anni dal 2020 al 2022, ma nello stesso tempo sottratti agli anni futuri ai quali sarebbero stati invece assegnati persistendo con l’applicare le vecchie regole. In rapporto al Pil il disavanzo del 2020 sale in conseguenza del 9,5% al 9,7%, quello del 2021 dal 7,2% al 9%, mentre il deficit del 2022, pari all’8%, sarebbe stato con le vecchie regole al 5,8%.
Poiché in termini di cassa non cambia assolutamente nulla, la revisione non comporta effetti neppure sullo stock del debito pubblico, né sul rapporto chiave tra debito e Pil il quale rimane dopo la pandemia su valori molto alti ma tuttavia su un trend decrescente: 154,9% nel 2020, 149,8%, dunque cinque punti in meno nel 2021, e 144,7% nel 2022, altri cinque punti in meno, meglio dei quattro che erano previsti negli ultimi documenti di finanza pubblica del Mef.
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