L’anno scorso, il 34% delle eccedenze delle imprese agricole sono state salvate dallo spreco tramite donazioni a scopo sociale. Si tratta di 218.937 tonnellate tra ortaggi, frutta, frumento, cereali.

È il risultato di un’indagine condotta dal Food Sustainability Observatory del Politecnico di Milano in collaborazione con la Fondazione per la Sussidiarietà-ETS, promossa dalla Fondazione Banco Alimentare, con l’obiettivo di accrescere la conoscenza del fenomeno delle eccedenze, dello spreco alimentare e del rapporto tra imprese ed enti che raccolgono le donazioni a scopo sociale.



Il campione della seconda ricerca della serie (la prima è stata condotta due anni fa sull’industria alimentare) è composto da 1.200 imprese agricole, circa il 13% delle 9.512 più strutturate, aventi come forma giuridica società di capitali, cooperative o società consortili.

L’ipotesi che si è voluto verificare è se l’offerta di prodotti da parte delle imprese dipenda da sovraproduzione poi donata dovuta a una cattiva programmazione o una cattiva gestione. In altre parole, la domanda che si è voluto affrontare è: se le imprese eliminassero inefficienze e sprechi e migliorassero la qualità della loro gestione, donerebbero di meno?



Per rispondere a tale quesito si è andati a rilevare le caratteristiche delle imprese donatrici rispetto a quelle non donatrici; le caratteristiche che determinano la quota di produzione donata sul totale della produzione; l’andamento della produzione negli anni; la previsione di aumentare le donazioni; il numero di anni in cui si dona.

Relativamente alle imprese, queste sono le variabili considerate:

1) Caratteristiche generali

Tipo di prodotto: cereali (1), ortaggi (2), frutta (3), frutti oleosi (4), allevamento (5), misto (6)

Area geografica: Nord Ovest (1), Nord Est (2), Centro (3), Sud (4), Isole (5)



Grandezza dell’azienda: micro (1), piccole (2), medie (3), grandi (4), molto grandi (5)

Tipo di attività: (1) Solo coltivazione o allevamento; (2) Coltivazione e attività successive alla raccolta; (3) Solo attività successive alla raccolta

2) Natura sociale dell’impresa

– Cooperativa-consorzio

– Società di capitali

3) Caratteristiche di qualità e sostenibilità

– L’impresa possiede almeno una certificazione di sostenibilità

– L’impresa possiede la certificazione Global G.A.P (cert_GAP)

– L’impresa possiede almeno una certificazione di qualità

– L’impresa effettua misurazione delle eccedenze

– L’impresa ha un responsabile per la gestione delle eccedenze

Relativamente agli enti che raccolgono le eccedenze, queste sono le variabili considerate:

– Enti presenti sul territorio e strutturati centralmente

– Enti presenti sul territorio ma non strutturati centralmente

– Altri enti solo locali

Per quanto riguarda le analisi statistiche, dato il carattere dicotomico delle variabili dipendenti si usano innanzitutto regressioni logistiche. Per rafforzare i risultati si usano poi matching di valore causale usando come trattamenti le variabili esplicative già dicotomiche e dicotomizzando quelle di tipo sconnesso. Si considerano risultati validi solo quelli per cui risulta significativa la variabile sia come esplicativa nella logistica, sia come trattamento nel matching rispetto alla medesima variabile dipendente.

Rispetto alla prima domanda di ricerca si verifica che rispetto alle altre imprese donano maggiormente quelle che:

a) producono cereali e frutta in misura di una volta e mezza in più;

b) hanno attività successive alla coltivazione in misura del tre e mezzo circa in più;

c) sono cooperative di consumo o consorzi e non sono società di capitali in misura del 3,4% e dell’1,4% in più;

d) hanno la certificazione di sostenibilità in misura dell’uno e mezzo in più rispetto alle altre imprese, la certificazione di qualità (1,51) e un responsabile delle eccedenze (3,4) e misurano le eccedenze (2,7).

Nel complesso quindi donano di più le imprese strutturate, che hanno attività di trasformazione e sono già organizzate in termini di sostenibilità e di misurazione delle eccedenze.

Donare, quindi, non è la conseguenza di inefficienze che creano sprechi, ma risulta essere una scelta consapevole e perseguita con lo scopo di dare un contributo a vantaggio di categorie svantaggiate.

Entrando più nel dettaglio, l’indagine rileva che l’attività di trasformazione agevola, sotto diversi aspetti, la propensione a donare perché è meno colpita dall’aleatorietà della produzione agricola soggetta a eventi meteorologici e al mercato; le imprese più grandi hanno più continuità nel donare (2,5 rispetto alle medio-piccole) e tendono a incrementare i prodotti donati 3,2 volte in più rispetto alle medio-piccole; le imprese che hanno un responsabile delle eccedenze tendono a donare di più nel tempo (nella misura del 2,5 rispetto alle altre).

In sintesi, all’interno delle imprese donatrici, donano di più, con più continuità, con incremento di produzione le imprese più grandi e strutturate che controllano le eccedenze.

Rispetto agli enti che ricevono le donazioni, quelli presenti sul territorio ma che sono, nello stesso tempo, anche centralizzati ricevono una percentuale più elevata di donazioni nella misura dell’1,12 rispetto agli altri enti. Inoltre, le aziende più grandi e dotate di certificazione di qualità (Gap) scelgono gli enti presenti sul territorio e centralizzati in misura nettamente più elevata (rispettivamente 17 e 6 volte in più).

È vincente quindi per gli enti che ricevono donazioni il fatto di essere un’organizzazione a struttura centrale ma presente in modo organizzato sul territorio.

Nel complesso, quindi, è respinta l’ipotesi che la donazione sia un’attività legata a disorganizzazione e spreco: appare piuttosto come attività legata a imprese moderne che hanno imboccato la strada della sostenibilità e della qualità. È questa una risposta confortante perché spinge a incentivare un’attività che, attraverso l’utilizzo delle donazioni, salva quotidianamente   dall’indigenza alimentare milioni di persone, in un quadro generale in cui, purtroppo, povertà e disuguaglianza stanno aumentando.

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