Più scontento, più arrabbiato e più preoccupato che mai. Il mondo è piuttosto malmesso secondo il rapporto 2019 Gallup Global Emotions che, attraverso interviste a 151mila adulti residenti in 140 paesi, misura lo stato emotivo dell’umanità. Per il quattordicesimo anno consecutivo, l’istituto di ricerca indipendente ha sondato le grandezze esistenziali intangibili – sentimenti ed emozioni – che sfuggono ai tradizionali indicatori economici. Lo fa rivolgendo agli intervistati dieci domande su cinque esperienze negative con quesiti semplici e diretti: “Le è capitato nella giornata di ieri di provare della rabbia? Tristezza? Stress? Preoccupazione? Dolore fisico?”. E altrettante positive: “Ieri ha vissuto un momento di felicità? Ha riso o sorriso molto? È stato sereno? Ha imparato qualcosa? Si è sentito rispettato?”. Globalmente 7 persone su 10 hanno risposto di essere state felici, serene e di aver sorriso abbondantemente. Mentre l’87% ha ritenuto di essere stata trattata rispettosamente. Sul fronte delle emozioni negative, invece, 4 persone su 10 sono molto preoccupate, un terzo ha patito dello stress, altrettanti hanno sofferto e più di un quinto si è arrabbiato.
Sul podio delle emozioni negative sale il Ciad (il mesto vincitore dell’anno scorso, la Repubblica Centrafricana, non ha partecipato), seguito da Niger, Sierra Leone, Iraq, Iran, Benin, Liberia, Guinea, Palestina e Congo. Tutti paesi stritolati da conflitti, arretratezza istituzionale, corruzione e povertà. Invece, in controtendenza con il rapporto Onu pubblicato lo scorso 20 marzo in occasione della Giornata Mondiale della Felicità, non sono i paesi scandinavi che tradizionalmente risultano un concentrato di letizia a vincere la palma delle nazioni positive, ma paesi dell’America Latina. In testa Paraguay, Panama, Guatemala, Mexico, El Salvador e Honduras. E questo nonostante queste nazioni registrino un alto tasso di violenza e povertà, probabilmente bilanciato dalla tendenza a prendere la vita con filosofia e vederne piuttosto i lati positivi. L’Indonesia, unico Paese fuori dalle Americhe, risulta anch’esso tra quelli più positivi nell’insieme; mentre sulla singola domanda avete sorriso o riso molto ieri, la Nigeria registra una percentuale tanto invidiabile quanto incredibile: il 91% degli intervistati ha risposto affermativamente.
Complessivamente inquieta che il numero di persone che nel 2018 hanno riferito di aver sperimentato rabbia sono cresciute di 2% rispetto al 2017; mentre il gruppo di preoccupati e tristi sono aumentati di un punto percentuale, battendo nel 2018 un nuovo record assoluto di negatività.
Entrando un po’ in dettaglio, l’Italia sfata il valore percepito di “essere una sterminata domenica”, come la vedeva lo scrittore Vittorio Sereni. Gli italiani sono poco spensierati, decisamente più tristi dei loro vicini – 38% contro il 24% dei francesi, il 19% degli austriaci, il 17% degli svizzeri e il 16% degli sloveni. Sono anche stressati: il 48% dei connazionali intervistati ha risposto di aver provato un motivo di stress nelle 24 ore precedenti al sondaggio. Risultato che schizza al 59% per la Grecia, al 55% per l’Albania, al 51% per Cipro e al 45% per il Portogallo. La dimostrazione che sole e buon cibo non sono sufficienti a controbilanciare le preoccupazioni.
Per rimanere sul Vecchio continente, Ucraina ed Estonia sono i paesi che risultano meno stressati (18%), primato che condividono con Lituania e Danimarca (20%). Nel mondo, il Paese che meglio rispecchia l’adagio africano “hakuna matata” è il Turkmenistan (solo 1 abitante su 10 è stressato), seguito dall’Indonesia (13%).
Al di là dei dati sullo stato globale delle emozioni, sono le loro implicazioni sulla salute che fanno riflettere. Provata la correlazione tra rabbia e casi di infarto e colpo apoplettico. Così come la tristezza cronica è un segnale di uno stato d’ansia e depressivo. Una patologia che secondo l’Organizzazione mondiale della Salute riguarda 350 milioni di persone e può portare al suicidio. I dati dell’Oms riferiti al 2012 riportano un milione di vite perdute all’anno e che per ogni morto suicida ci sono almeno 20 tentati suicidi. Il disagio mentale si acuisce tra i giovani dove il suicidio è la seconda causa di morte tra i quindici-ventinovenni.