Una recente ricerca condotta su quasi 1.000 studenti, frequentanti licei, istituti tecnici e professionali di Milano, rileva dei dati interessanti sulla percezione futura del mondo del lavoro dei giovani. Il 70% degli intervistati, con punte più alte per i maschi, dichiara che in futuro preferirebbe un lavoro autonomo. Questo è un dato estremamente interessante, anche se per onestà non possiamo non tenere conto della zona geografica della rilevazione: il tessuto economico e produttivo di Milano, la sua vocazione globale, pone indubbiamente la “questione lavorativa”, anche dei giovani, sotto una declinazione di opportunità/possibilità, sostituendo la narrazione nazionale che quasi un giovane su tre rientra nella categoria dei “neet”, ovvero di coloro che non studiano e non lavorano. Premettendo quindi questa doverosa specifica, ritengo comunque interessante e pieno di significato il dato.



Innanzitutto perché, proprio in considerazione delle “attenuanti” di cui sopra, legate al contesto positivo della città di Milano, le giovani generazioni hanno maggiore coscienza di quello che più di vent’anni fa veniva teorizzato dal professor Martini, ovvero che il mercato del lavoro sarà sempre meno identificato dal posto (fisso) di lavoro, ma sempre più un percorso lavorativo caratterizzato da imprevedibili opportunità. Quindi sembra che i giovani, proprio dove le opportunità lavorative sono concrete, reali, sperimentabili, siano i primi a desiderare di intraprendere questo percorso, pur rinunciando alle tutele classiche raccolte nel rapporto di lavoro subordinato. Anzi, l’autonomia contrattuale e lavorativa viene vista come una possibilità in più per esprimere un proprio protagonismo, la propria creatività. Viene accettata l’idea che la partecipazione al mercato del lavoro corrisponde a un’esperienza dinamica in continua trasformazione, a tal punto che si vuole essere interpreti fino in fondo di questo cambiamento, così da autodeterminare il proprio futuro professionale.



La ricerca esprime un altro dato estremamente significativo: il 68% degli intervistati individua come elemento di successo il riuscire a trovare un equilibrio tra vita professionale e vita personale. Anche questo aspetto testimonia come la ricerca di un’autonomia è funzionale non solo per lo svolgimento del lavoro in quanto tale, ma anche per un importantissimo tema (che riguarda maggiormente le donne, ma con un divario che si sta rapidamente assottigliando) legato alla conciliazione vita-lavoro.

Alcuni dei temi esplicitati da queste considerazioni sono stati recentemente oggetto di una riflessione da parte della Cisl, che all’interno della propria Conferenza organizzativa nazionale, ha affrontato, tra gli altri, il tema della rappresentanza dei giovani e dei nuovi lavori autonomi. È fondamentale che il sindacato si interroghi su come dare voce e spazio alle nuove istanze di tutela dei giovani lavoratori, costruendo risposte sempre più adeguate alle nuove sfide che la realtà pone. Tra le decisioni che la Cisl ha assunto vi è anche quella di dare maggiore consistenza organizzativa e sindacale all’associazione vIVAce!, mediante la sua adesione alla Felsa, con lo scopo di implementare anche a livello territoriale una rappresentanza dei lavoratori autonomi, costruendo tutele e servizi finalizzati al rafforzamento delle professionalità e dell’occupabilità dei lavoratori indipendenti.