Due settimane fa l’Istat ha rilasciato i dati di contabilità nazionale sui conti trimestrali dei grandi aggregati istituzionali del nostro sistema economico, le famiglie, le imprese e la Pubblica amministrazione. Poiché i dati arrivano al quarto trimestre del 2021 essi consentono un bilancio degli effetti prodotti negli ultimi due anni dalla pandemia.
Nella prima puntata ci siamo occupati delle famiglie, osservando le dinamiche del reddito disponibile e del potere d’acquisto, oltre che delle scelte di ripartizione del reddito tra consumi e risparmi. È ora venuto il momento di analizzare le conseguenze della pandemia sui conti pubblici, osservando quanto essa ha ridotto le entrate delle pubbliche amministrazioni e incrementato la spesa e come per effetto delle due distinte dinamiche siano peggiorati i saldi di finanza pubblica sino a livelli, assoluti e in rapporto al Pil, che prima della pandemia avrebbero portato con certezza all’apertura di procedure d’infrazione in ambito europeo e a probabili nuove crisi del nostro debito sovrano, paragonabili a quella del 2011-12.
Analizziamo in primo luogo la spesa pubblica complessiva. Il Grafico 1 riporta la spesa di tutta la Pa italiana, distinta per grandi capitoli. Per ogni trimestre sono indicati i valori cumulati a livello annuale del periodo terminante in quel trimestre. Si usa in sostanza il cosiddetto anno mobile, in modo da evitare gli effetti prodotti dalla stagionalità.
Grafico 1 – Uscite annuali delle Amministrazioni Pubbliche (miliardi di euro nell’anno terminante in ogni trimestre indicato)
Vediamo cosa è avvenuto per ogni macrocapitolo di spesa:
– La spesa per prestazioni sociali in denaro, la più consistente di tutta la Pa, è stata di 361 miliardi nel 2019 e di 399 sia nel 2020 che nel 2021, con un aumento nel biennio di 38 miliardi.
– La spesa per stipendi pubblici è stata nel 2019 e nel 2020 di 173 miliardi per poi salire a 176 nel 2021. Dunque sostanzialmente costante nonostante il maggior personale in ambito sanitario reclutato per far fronte alla pandemia.
– La spesa per l’acquisto di beni e servizi intermedi è stata di 101 miliardi nel 2019, 104 nel 2020 e 110 nel 2021, con un aumento nel biennio di 9 miliardi. In questa categoria figurano tutti i maggiori acquisti del servizio sanitario, incluso quello dei vaccini e degli altri farmaci anti-Covid.
– L’insieme delle altre spese correnti non classificabili nelle precedenti è passato da 113 miliardi nel 2019 a 122 nel 2020 e a 130 nel 2021, con un incremento complessivo nel biennio di 17 miliardi, di certo consistente sia in valore assoluto che in percentuale. Qui occorre ricordare che sono classificati i famosi ristori concessi a protezione delle perdite economiche che il Covid ha generato sulle attività produttive.
– Sommando tutte le voci precedenti si ha il totale della spesa corrente primaria che è stato di 748 miliardi nel 2019, 799 nel 2020 e 816 nel 2021, con un aumento complessivo di 68 miliardi, una cifra che corrisponde a 4 punti percentuali di Pil.
– Per arrivare al totale della spesa pubblica mancano due sole voci. La prima è ancora di parte corrente e riguardi gli interessi passivi sul debito pubblico, i quali sono rimasti sostanzialmente costanti: 60 miliardi nel 2019, 57 nel 2020 e 63 nel 2021. La seconda è invece relativa alle spese in conto capitale, dunque sia gli investimenti fatti direttamente dalla Pa che i finanziamenti pubblici di investimenti realizzati invece da enti esterni alla Pa ancorché in gran parte pubblici, come il gestore della rete ferroviaria RFI e l’Anas. Il totale della spesa in conto capitale è stato di 62 miliardi nel 2019, 89 nel 2020 e 107 nel 2021, con un incremento consistente e pari a 45 miliardi nel biennio.
– Sommando anche queste due voci arriviamo al totale della spesa pubblica, che è stato di 871 miliardi nel 2019, 944 nel 2020 e 986 nel 2021, con un incremento complessivo di 115 miliardi, corrispondente a quasi 7 punti percentuali di Pil.
A questo punto possiamo passare ad analizzare le entrate pubbliche, sulle quali come prevedibile l’effetto della pandemia è stato riduttivo.
Grafico 2 – Entrate annuali delle Amministrazioni Pubbliche (miliardi di euro nell’anno terminante in ogni trimestre indicato)
Il Grafico 2 riporta le tre principali voci di entrata per il settore pubblico, quelle fiscali relative alla imposte dirette, indirette e ai contributi sociali. Poiché si tratta di tre voci i cui importi hanno lo stesso ordine di grandezza, a differenza delle voci di spesa, esse sono riportate non cumulate ma ognuna in maniera distinta. In questo modo possiamo vedere sia la contrazione dettata dalla pandemia su ognuna delle tre, sia il successivo recupero.
La massima riduzione è avvenuta tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021: meno di 10 miliardi per le imposte dirette, una dozzina per i contributi sociali e una trentina per le imposte indirette, falcidiate dal calo dei consumi dovuto al lockdown. Queste riduzioni risultano tuttavia pienamente recuperate nel corso del 2021: alla fine dell’anno sia i contributi sociali che le imposte dirette risultavano più produttive di gettito rispetto al 2019, a testimonianza del pieno recupero dei redditi che ne rappresentano gli imponibili, mentre le indirette erano tornate allo stesso livello del 2019.
Se andiamo alle entrate pubbliche totali, inclusive delle entrate correnti non fiscali e delle entrate in conto capitale, vediamo che esse sono state di 843 miliardi nel 2019 e 858 nel 2021, dopo essere scese a 785 nel 2020. Dunque tutto il maggior disavanzo pubblico del 2021 rispetto al 2019 è stato prodotto dal lato della spesa pubblica mentre nel 2020 precedente anche le minori entrate vi avevano contribuito. Esso è rappresentato nel Grafico 3, in cui la linea più alta esclude la spesa per interessi, il cosiddetto saldo primario, mentre la linea inferiore lo comprende. In esso vediamo il disavanzo complessivo passare a causa della pandemia dai soli 28 miliardi del 2019 ai 159 del 2020 e ai 128 del 2021.
Grafico 3 – Principali saldi di finanza pubblica (miliardi di euro nell’anno terminante in ogni trimestre indicato)
Guardando al peggioramento avvenuto possiamo dire in sintesi che i costi della pandemia per le casse pubbliche siano stati di circa 130 miliardi nel 2020 (la differenza tra 159 e 28) e di un centinaio nel 2021 (la differenza tra 128 e 28) per un totale di 230 miliardi che si sono riverberati in un incremento equivalente del debito pubblico.
(2- fine)
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