È uscito nei giorni scorsi il nuovo rapporto dell’Istat; tra i tanti temi esposti destano preoccupazione i dati relativi al fenomeno dei Neet aggiornato al 2022, con una quota pari “al 20 per cento di giovani tra i 15 e i 29 anni che in Italia, nel 2022 non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione (Neet, dall’acronimo inglese di Not in employment, education or training). Si tratta di quasi 1,7 milioni di ragazzi e ragazze. Il tasso italiano di Neet è di oltre 7 punti percentuali superiore a quello medio europeo (11,7 per cento) e, nell’Ue27, secondo solo alla Romania”.



Economicamente l’impatto della crisi demografica italiana, che quest’anno quasi sicuramente toccherà un nuovo record negativo, è aggravato dall’enorme numero di giovani che non studiano né lavorano. Come già detto a suo tempo, il calo demografico influisce sulla produzione di ricchezza del Paese e sulla spesa pensionistica: i tanti pensionati gravano inevitabilmente sui pochi lavoratori, che contribuiscono alla loro pensione tramite il proprio reddito. I pochi lavoratori a loro volta, proprio a causa del loro numero esiguo, non sono in grado di produrre la ricchezza necessaria al Paese (complice anche, in parte, un mancato sviluppo tecnologico e scarsità di competenze digitali dovuto alla presenza di una percentuale non piccola di lavoratori tra i 65 e i 69 anni, come raccolto dallo stesso report), il che comporta un aumento del debito del Paese.



La fascia di lavoratori rimane appunto indebolita numericamente dalla presenza di quasi due milioni di Neet; questo da un lato impatta negativamente sul Pil e dall’altro fa gravare ancora di più la spesa pensionistica sui lavoratori. L’effetto appena descritto è a sua volta aggravato dall’alta longevità italiana (speranza di vita alla nascita è pari a 82,6 anni mentre gli ultracentenari sono 22.000) che peserà sempre di più con l’uscita dal mercato del lavoro della generazione dei baby boomers degli anni ’60, cioè quella più numerosa. In sostanza crisi demografica e Neet rischiano di essere (e in parte lo sono già) una miscela esplosiva destinata a fare danni nell’economia reale, i cui effetti colpiscono e colpiranno sempre più tutta la società.



Osservando la variazione negli anni si nota come la quota di Neet ha visto un forte aumento tra il 2007 e il 2014, cioè negli anni compresi tra la crisi globale iniziata con il crollo della Lehman Brothers (2008) e la crisi del debito sovrano (2011), aumento che è in parte rientrato negli anni successivi, tanto che nel 2022 i dati sono molto vicini a quelli dello stesso 2007: un dato positivo che però non nasconde il fatto che 1,7 milioni di giovani senza lavoro e che non studiano sono ancora troppi.

È da notare inoltre come l’analisi mostri che è al Sud e nel Centro Italia che si concentra il fenomeno; non vuol dire ovviamente che questo non si presenti anche al Nord, ma con altri numeri.

Quale può essere la soluzione per contrastare il fenomeno? Se da un lato è necessaria un’analisi sul sistema scolastico e sull’abbandono della scuola, dall’altro servono politiche attive del lavoro, che puntino all’istruzione e all’inserimento lavorativo. Combattere questo fenomeno è certamente una sfida non facile e occorre investire da entrambi i lati del problema: in primo luogo, è necessario combattere e ridurre il più possibile l’abbandono scolastico, ragionando quindi in un’ottica di lungo periodo, dall’altra parte, nel brevissimo termine, è urgente recuperare i giovani disoccupati tramite programmi di formazione. Un primo passo è stato fatto nel gennaio 2022 dal Governo Draghi tramite il Piano Neet (cfr. politichegiovanili.gov.it), ma tanto c’è ancora da fare.

È un problema, si accennava, anche di sistema scolastico; i dati infatti mostrano chiaramente come “nel 2020 c’erano 50 mila ragazzi fra i 20 e i 24 anni, nati fra il 1996 e il 2000, che non avevano la licenza media. Nel dettaglio: 10,6 mila di loro sono analfabeti, 15,8 mila sono alfabetizzati ma non hanno mai finito le scuole elementari, mentre altri 23,3 mila non hanno mai finito le scuole medie. Sempre fra i 20-24 enni del 2020, è risultato che un ulteriore 17% ha la licenza media ma non ha finito le scuole superiori oppure si è fermato a un diploma di scuola professionale della durata di tre anni” (cfr. Il Sole 24 Ore).

In definitiva, pur avendo osservato brevemente dati e conseguenze economiche, la crisi demografica e il fenomeno dei Neet sono delle vere e proprie emergenze sociali a cui serve porre rimedio il prima possibile.

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