Nei giorni scorsi è stato pubblicato il 7° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale che offre, come sempre, interessanti stimoli per la lettura del nostro complesso mercato del lavoro.
La priorità per la maggioranza degli italiani sembra essere quella di lavorare meno. Il 67,7% dei lavoratori italiani in futuro vorrebbe, infatti, ridurre il tempo dedicato al lavoro: lo desidera il 65,5% dei giovani, il 66,9% degli adulti e il 69,6% degli over 50. Già oggi il 30,5% degli occupati (il 34,7% tra i giovani) dichiara di impegnarsi nel lavoro lo stretto necessario, rifiutando gli straordinari, le chiamate o le mail fuori dall’orario di lavoro ed eseguendo solo quel che strettamente gli compete per mansione e stipendio. Per il 52,1% dei lavoratori italiani, quindi, il lavoro influenza, oggi, meno la vita privata rispetto al passato, perché dedica il suo tempo “libero” ad attività che ritiene più gratificanti e ha valori che reputa più importanti del successo professionale. Condivide tale condizione il 54,2% dei giovani, il 50,1% degli adulti e il 52,6% degli anziani. Quasi il 28% degli italiani ha, addirittura, rinunciato a un lavoro migliore di quello attuale perché la sede era troppo distante dalla propria abitazione.
L’arrivo dei figli rilancia poi, forse involontariamente, un modello “tradizionale” di famiglia (cosa che farà forse piacere alla Premier e alla maggioranza), con l’antica divisione per genere dei compiti. Nel 2022 le dimissioni e risoluzioni consensuali dal lavoro relative a genitori con figli sino a un anno di età hanno coinvolto ben 44,7 mila madri e 16,7 mila padri. Riguardo alle ragioni delle dimissioni, il 41,7% delle madri e (solo) il 2,8% dei padri hanno detto che erano legate alle difficoltà a conciliare il lavoro con la cura dei figli a causa della carenza dei servizi di cura, e il 21,9% delle madri e il 4,3% dei padri per difficoltà nel conciliare lavoro e cura dei figli a causa di problematiche legate al lavoro in azienda.
Emerge, inoltre, e forse un po’ a sorpresa, un lavoro tendenzialmente più stabile. Tra il 2019 e il 2023 (terzo trimestre) si registra un +5,0% di lavoratori a tempo “indeterminato” e un -4,5% a termine. Non sembra esservi, insomma, alcuna fuga dal lavoro, piuttosto una corsa verso lavori migliori. Gli stessi dati Inps indicano che il tasso di ricollocazione a tre mesi dei dimessi volontari con meno di 60 anni è stato pari al 67,0%, un dato più alto rispetto a quello degli anni precedenti.
Lavorare meno, e meglio, e lavorare tutti potrebbe essere lo slogan che sintetizza la situazione attuale. Potremmo, forse, dire anche che aveva ragione, nel 1998, Irene Grandi quando sosteneva che il lavoro fa male (lo dicono tutti) e che era meglio fare l’amore anche tutte le sere (?).
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