Siamo spiacenti, ma, talvolta, è opportuno guardare oltre la forma e valorizzare la sostanza. Nel caso di specie che affronteremo appare alquanto calzante e decisamente appropriata la formula latina ubi maior minor cessat. Il tema? Ancora lui, sempre lui, il solito che, seppur tedioso, ma non importa: bisogna ed è necessario parlarne, affrontarlo e – se fosse possibile – contrastarlo il più possibile. Parliamo del debito pubblico. Il nostro debito pubblico ovvero quell’ammontare infinito che, anno dopo anno non sembra mai ridimensionarsi e, di recente, con l’avvento della pandemia eil suo protrarsi nel tempo, ha incrementato il suo moto all’insegna di continui rialzi mensili. Ma oggi, nell’incredulità dei molti scettici (e sono tanti forse troppi), tale dinamica ha registrato il suo inaspettato momento di gloria: sono già due mesi consecutivi (novembre e dicembre 2021) che vedono il ridimensionarsi del cosiddetto “Debito delle Amministrazioni pubbliche”. 

Partiamo dalle cifre: rispetto ai 2.711.013 milioni di euro dell’ottobre scorso, abbiamo potuto osservare una prima diminuzione a novembre (2.694.880 milioni) e un successivo calo a 2.678.397 milioni di euro nel corso dell’ultimo mese del 2021. 

Il dato di dicembre rilavato nella pubblicazione mensile di Banca d’Italia conferma l’inizio di una potenziale serie positiva iniziata un mese fa che – è oggettivo – ha riscosso il nostro plauso su queste pagine. 

La riduzione del debito pubblico era nell’aria e lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi aveva già anticipato di questi «numeri molto buoni» nel corso del suo intervento durante la conferenza stampa della scorsa settimana. A confermare questa positiva anticipazione è arrivato l’intervento del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco che, in occasione del 28° Congresso Assiom Forex, ha sottolineato la consistenza e profittabilità del passo in avanti sul tale versante: «La marcata ripresa dell’economia è stata decisiva per interrompere l’aumento del rapporto tra debito pubblico e prodotto, che alla fine del 2021 potrebbe essere sceso su valori prossimi al 150 per cento (da circa il 156 per cento raggiunto nel 2020), un livello nettamente inferiore a quanto previsto all’inizio dello scorso anno e anche alle valutazioni ufficiali pubblicate in autunno. In presenza di un saldo primario migliore delle attese ma comunque ampiamente in disavanzo, il calo del peso del debito rispetto al 2020 ha riflesso la forte differenza, negativa per oltre 5 punti percentuali, tra l’onere medio per interessi e la crescita nominale dell’economia. Questo risultato, pur nell’eccezionalità delle circostanze che lo hanno determinato, con riferimento sia al recupero dei livelli di attività dopo la profonda recessione sia alle condizioni monetarie estremamente espansive, mostra con chiarezza l’importanza della crescita economica per il perseguimento di una graduale riduzione del peso del debito». 

A queste parole ricche di evidente soddisfazione (nonostante la sobrietà nella loro formulazione) non può essere negata una certa ansia anticipatoria durante la lettura dell’incipit iniziale dell’Avviso sul documento “Finanza pubblica: fabbisogno e debito” diffuso martedì da Banca d’Italia: «La Banca d’Italia diffonde le stime del debito e del fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche per l’anno 2021. Al 31 dicembre del 2021 il debito delle Amministrazioni pubbliche era pari a 2.678,4 miliardi; a fine 2020 il debito ammontava a 2.573,5 miliardi (155,6 per cento del Pil)».

È evidente, e non possiamo negarlo (salvo ignorarlo scientemente), come il recente saldo rilevato a dicembre sia superiore rispetto a quello di un anno prima (rif. dicembre 2020), ma, allo stesso modo è anche innegabile (salvo ignorare la buona fede) come tutti coloro che volutamente soffermano la loro attenzione alla sola valorizzazione di quest’ultima differenza negativa per le casse dello Stato vogliano – pretestuosamente – delegittimare il dato finora conseguito. Il differenziale, è ovvio, esiste e non si può cancellare con un semplice tratto di penna, ma, è ancor più ovvio, come negli ultimi dodici mesi (e oltre) della vita della nazione chiamata Italia e dell’intero pianeta chiamato mondo, il trascorrere dei singoli giorni ha visto la nascita e il perdurare stato di un nefasto accadimento chiamato pandemia. Se tale motivazione non può essere sufficiente, ai più scettici, consigliamo di poter continuare a guardare il dito anziché la luna, poiché, quest’ultima, potrebbe rappresentare la loro più ambita destinazione. 

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