Nello scorso settimana si sono tenute delle elezioni regionali per certi aspetti “storiche”. L’Umbria, storica roccaforte dell’Italia (ex?) “rossa”, ha eletto con quasi il 60% dei voti una presidente di centrodestra espressione, nello specifico, della lega salviniana sempre meno padana e sempre più nazionale.



Le prime analisi tendono a sottolineare come, in controtendenza con una certa idea “mainstream”, i temi che sono stati maggiormente decisivi per questa “svolta” non siano stato come si poteva immaginare l’immigrazione e le pulsioni securitarie, ma l’economia e il lavoro.

In questo quadro può essere utile provare a comprendere lo stato di salute dell’economia umbra e il benessere dei suoi cittadini. Molto interessante, in questa prospettiva, uno studio di pochi mesi fa sulla povertà nella regione diventata, per alcune settimane, una sorta di “Ohio” italiano.



Emerge, così, che in Umbria, a partire dal 2011, la quota di famiglie povere inizia a crescere rapidamente e che nel 2018 sono residenti in Umbria ben circa 50 mila famiglie in povertà relativa, pari al 14,3% del totale, e che il loro numero è, ahimè, quasi raddoppiato negli ultimi cinque anni superando la media nazionale. L’incidenza di individui poveri ha poi superato il 17% (nell’anno 2017), pari a quasi 160 mila persone e si posiziona, anch’esso, sopra quella media italiana.

Si sottolinea, parallelamente, come nel 2016, in Umbria, il reddito medio annuale delle famiglie fosse pari a 35,9 mila euro, valore di poco superiore a quello medio nazionale e che questo, tra il 2007 e il 2016, fosse diminuito in media dello 0,2% ogni anno (750 euro in meno complessivamente). Fino all’inizio della crisi economica del 2008, peraltro, a valori in crescita del reddito medio delle famiglie era corrisposto un andamento decrescente dell’incidenza della povertà relativa familiare, mentre a partire dal 2011 il reddito si è progressivamente ridotto e la povertà è aumentata.



Più complessivamente possiamo insomma concludere che in Umbria abbiamo assistito, negli ultimi due decenni, a un allargamento dell’area del malessere economico delle categorie produttive meno tutelate della classe media.

Probabilmente, quindi, in Umbria, ma questo ragionamento può valere anche per altri territori per molti aspetti simili, si è ritenuto di dover #cambiareverso alle politiche messe in campo dal centro-sinistra sia storicamente inteso, sia in questa nuova versione “atipica” rappresentata dall’alleanza (innaturale?) tra Partito democratico (e satelliti) e il Movimento 5 stelle.

L’auspicio è che questa sconfitta elettorale porti a livello nazionale, già nell’affinamento della Legge bilancio per il prossimo anno, a una riflessione complessiva a livello programmatico sui temi dell’economia nel mondo globalizzato in cui stiamo vivendo di quelle forze che una volta, in maniera semplicistica, si proponevano come il partito del lavoro e dei lavoratori.