La pandemia di Covid-19 in Italia ha comportato, per ragioni di emergenza sanitaria, il fermo o lo spostamento in lavoro a distanza (laddove possibile) delle attività lavorative, salvo quelle connesse ad alcuni settori economici “essenziali”. Questo fenomeno, iniziato nella terza decade di febbraio, ha prodotto pesanti e significative ripercussioni sul mercato del lavoro facilmente quantificabili tramite alcuni indicatori: +816% le ore autorizzate di Cassa integrazione-Fis nel primo quadrimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019 (in valore assoluto 834 milioni di ore autorizzate contro i 91 milioni dello stesso periodo del 2019); -2,1% la variazione tendenziale degli occupati; +11,1% gli inattivi pari a 1.462 mila unità (ad aprile 2020 rispetto lo stesso mese del 2019); -19% gli annunci di lavoro pubblicati sul web nel primo quadrimestre 2020, -49% il dato di aprile 2020 rispetto ad aprile 2019.
Uno shock senza precedenti che colpisce tutti, ma soprattutto i lavoratori più deboli, i territori in cui la crisi sanitaria è più elevata e i settori economici classificati come non “essenziali” e per i quali risulta quasi impossibile lo smart working.
Per entrare in maggior dettaglio ed esemplificare alcuni aspetti di seguito si evidenziano alcune analisi tratte dai dati degli annunci di lavoro che le aziende pubblicano sul web (dati che ci consentono di osservare livelli articolati, puntuali e aggiornati in merito alle professioni e skill e alla loro richiesta nei territori e nei settori economici – fonte dati Burning Glass Europe).
Le analisi mostrano il negativo impatto della crisi in atto e soprattutto il venir meno, in questi mesi, di una visione prospettica. Gli annunci infatti, solitamente, sono anticipatori (di tre o più mesi) delle assunzioni e contengono in sé una visione di breve/medio periodo delle prospettive occupazionali offerte dalle imprese. Questo fatto si è sostanzialmente perso sostituendolo con una visione solo di brevissimo tempo, con una metafora possiamo dire che navighiamo a vista, nel buio e a luci spente.
I dati del primo quadrimestre ci aiutano a cogliere maggiormente quanto sta accadendo: la variazione tendenziale degli annunci di lavoro vede un -20% al Nord, -17% al Centro e -18% al Sud e Isole (questo indicatore ad aprile arriva a -51% in regione Lombardia). I settori economici più colpiti sono i servizi di alloggio e ristorazione con un andamento tendenziale pari a -39% (primo quadrimestre), il commercio all’ingrosso e al dettaglio, le attività manifatturiere, le attività professionali scientifiche e tecniche e il trasporto e magazzinaggio che si posizionano tra -25% e -17%; ci sono poi due casi particolari rappresentati dai servizi di informazione e comunicazione e dal settore della sanità e assistenza sociale. Il primo si attesta a un tasso pari a -6% ed il secondo, unico caso, al +75%.
A conferma del fatto che si sta “navigando a vista” si possono osservare gli annunci per professioni divisi in due macro gruppi caratterizzati rispettivamente da andamenti più positivi o più negativi. Infermieri, medici, ausiliari sanitari da una parte, e addetti ai controlli delle vendite, cassieri e addetti ai registratori di cassa, addetti agli scaffali, conducenti di furgoni, dall’altra, sono professioni con tassi di crescita altamente positivi (tra il 400% e il 50% – i valori più elevati riguardano gli annunci delle professioni della sanità, quelli “meno elevati” fanno sostanzialmente riferimento alla grande distribuzione e alla logistica). Ci sono poi le professioni che fanno capo principalmente al commercio e servizi al dettaglio, ai servizi di alloggio e ristorazione che hanno tassi di crescita degli annunci fortemente negativi come i baristi, gli chef, i camerieri, gli estetisti e alcune figure dirigenziali (in questo caso i tassi variano tra -60% e -40%).
In sintesi, siamo in un periodo assolutamente nuovo, caratterizzato da uno shock che provoca elevata incertezza, soprattutto verso il futuro. Più che cercare di fare previsioni (assai rischioso in questo momento) è opportuno analizzare con attenzione i fenomeni in atto, osservare le tendenze a breve/medio termine e porre attenzione a cogliere nuovi segnali o elementi di cambiamento presenti già prima della crisi e che potrebbero essere ulteriormente enfatizzati dalla situazione che stiamo vivendo e quindi diventare fattori fortemente caratterizzanti l’esperienza lavorativa e più in generale il mercato del lavoro.
Le analisi dei dati del primo quadrimestre 2020 mostrano con chiarezza l’impatto elevato della crisi sul mercato del lavoro. Se in generale lo shock si ripercuote negativamente su tutte le dimensioni di analisi del mercato del lavoro (professioni, territorio, settori economici, ecc.) emergono fattori distintivi che meritano particolare attenzione.
Abbiamo osservato professioni in netta crescita e altre in marcato declino: le professioni dell’area della sanità e dell’assistenza sanitaria rappresentano una “meteora” che scomparirà con la fine della pandemia o assumeranno una rilevanza diversa rispetto a qualche tempo fa? Queste professioni saranno sempre più richieste per sostenere lo sviluppo di un sistema socio sanitario territoriale? Le professioni dell’area logistica già in crescita prima del Covid-19 continueranno il loro trend positivo anche in funzione del grande salto che l’e-commerce ha avuto durante questi mesi?
I territori più colpiti in questi mesi sono il nord-ovest e il nord-est del Paese. Con la ripresa di molte attività lavorative sembra profilarsi nel tempo una più o meno rapida inversione di tendenza. Sarà ancor più critica, di quella pre-Covid, l’occupazione nei territori del Sud e delle Isole? Queste aree sono caratterizzate da una forte presenza di attività economiche con alti tassi di stagionalità (per esempio, turismo e agricoltura) e nello stesso tempo con minori possibilità di smart working.
Anche per la relazione tra settori economici e professioni si possono osservare fattori presenti nel periodo pre-pandemia e ulteriormente enfatizzati in questi mesi. La trasformazione digitale, caratteristica saliente della quarta rivoluzione industriale, è stata accelerata in questi mesi. In pochi giorni la realtà ci ha portato a usare il digitale per non fermare il Paese, e certamente queste esperienze stanno facendo crescere alcune competenze che “stentavano” a svilupparsi.
Lo sviluppo del digitale si è attuato in questo periodo attraverso la forma dell’imparare facendo, ma ciò non ha tolto molte domande sul suo corretto utilizzo e sulla sua validità (si pensi all’impatto nel settore dell’istruzione e della formazione) e più in generale sulle sue implicazioni di cambiamento culturale, sociale ed economico.
Queste domande e osservazioni, non esaustive ma esemplificative, mostrano che nella drammaticità del momento che stiamo vivendo si apre una importante sfida sia per l’affronto della situazione attuale, sia per guardare al futuro. Non esistono ricette pre-confezionate capaci di farci ritornare indietro come se nulla fosse successo. Occorre fare i conti con la realtà che stiamo attraversando, osservando ciò che sta accadendo per cogliere elementi di attenzione e di novità. È questa una traiettoria che, superando una posizione di puro lamento per ciò che non funziona, ci muove nell’identificare possibili azioni che sviluppino una più adeguata risposta ai diversi bisogni delle persone e più in generale del contesto socio-economico attuale e futuro.