Ogni trimestre l’Istat pubblica, nell’ambito delle stime di contabilità nazionale, i conti dei settori che compongono l’economia nazionale. In diverse occasioni abbiamo esaminato e commentato quelli relativi al settore pubblico, riportati nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche, e quelli relativi alle famiglie consumatrici, in ultimo due settimane fa in relazione al secondo trimestre del 2023.
Meno analizzati sono invece i conti relativi all’aggregato delle imprese non finanziarie, dunque le imprese direttamente impegnate in attività produttive, i quali pur molto sintetici offrono un misura dell’andamento aggregato del valore aggiunto generato ogni trimestre e, soprattutto, come esso si ripartisce tra redditi da lavoro dipendente, dunque la remunerazione del fattore lavoro inclusiva di tutti gli oneri sociali e delle imposte dirette trattenute in busta paga, e margine lordo delle imprese, il quale è la remunerazione del fattore capitale.
Forse una ragione della minore attenzione a questi dati è che quelli analoghi inclusi nelle stime trimestrali del Pil sono più ampi e dettagliati, essendo disaggregati per settori produttivi e sottosettori, e sono inoltre espressi non solo a prezzi correnti ma anche e soprattutto in termini reali. Però questi altri dati non ci dicono come, in sede di remunerazione dei fattori, il valore aggiunto si ripartisce tra capitale e lavoro, una divisione che è di sicuro interesse.
Vediamo dunque quali informazioni interessanti ci possono dare i numeri dei conti delle imprese produttrici, considerando anch’essi, come abbiamo fatto per molte altre grandezze, da subito prima dell’inizio della pandemia del Covid. Ricordando dunque che si tratta di valori nominali, influenzati dai cambiamenti nei prezzi, esaminiamo il valore aggiunto complessivo attraverso il Grafico 1.
Grafico 1 – Valore aggiunto delle imprese produttrici (dati destagionalizzati in miliari di euro a prezzi correnti)
Il Grafico 1 mostra la dinamica del valore aggiunto aggregato delle imprese produttrici, distinto nelle sue due componenti, ed evidenzia dinamiche differenziate nei diversi sottoperiodi:
– nell’anno prima del Covid le tre grandezze risultavano stazionarie;
– il Covid ha prodotto effetti riduttivi più consistenti, com’era prevedibile, sui margini delle imprese rispetto ai redditi da lavoro;
– dopo il Covid i margini delle imprese sono risultati più dinamici dei redditi da lavoro;
– nella prima metà del 2023 i margini, così come il valore aggiunto, si sono contratti mentre i redditi hanno continuato a crescere.
Bisogna ricordare che i redditi da lavoro sono a loro volta influenzati da tre grandezze:
– il numero degli occupati;
– le ore effettivamente lavorate pro capite;
– il costo orario del lavoro (retribuzione netta più imposte dirette sul lavoro più contributi sociali.
L’aumento complessivo dei redditi da lavoro sembra dunque dovuto alla crescita dell’occupazione, data la sostanziale stazionarietà delle retribuzioni unitarie.
Grafico 2 – Quota di profitto lordo e tasso d’investimento (dati in % del valore aggiunto)
Il Grafico 2 illustra invece la dinamica di due variabili in rapporto al valore aggiunto totale: il margine lordo delle imprese; la spesa per investimenti.
Anch’esso evidenzia alcuni fatti interessanti:
– il tasso d’investimento non è stato influenzato dal Covid e nel post-Covid si è lievemente accresciuto;
– la quota dei margini lordi nel post-Covid è aumentata più del tasso d’investimento;
– la riduzione della quota nel primo semestre non ha sinora intaccato la spesa per investimenti.
Grafico 3 – Redditi da lavoro, investimenti e margini al netto degli investimenti (indici I trim. 2019=100)
Il Grafico 3 riepiloga le diverse grandezze considerate, tuttavia ponendo i loro importi tutti uguali a 100 nel primo trimestre del 2019. Inoltre, il risultato lordo è rappresentato sottraendo la spesa per investimenti delle imprese. Ecco quello che emerge dal grafico:
– sino a tutto il Covid i redditi da lavoro e gli investimenti fissi lordi hanno avuto dinamiche simili;
– nel 2022 gli investimenti hanno registrato un’evidente accelerazione che si è invece arrestata nella prima metà di quest’anno;
– il risultato lordo da cui abbiamo sottratto la spesa per investimenti ha accelerato ancora prima della fine del Covid e poi nuovamente alla fine del 2022, per poi ridursi nei primi due trimestri.
A questo punto la domanda che ci poniamo è simmetrica a quella che ci eravamo posti nel caso dei consumi e che qui ricordiamo:
– i consumi della famiglie, che sinora hanno retto nonostante la contrazione del reddito disponibile, continueranno a reggere?
– la domanda per investimenti delle imprese, che sinora ha retto nonostante la contrazione dei margini lordi, continuerà a reggere?
Dalle due risposte dipende il futuro prossimo del nostro Pil, ovvero la fine o l’attenuazione oppure la prosecuzione della piccola caduta che vi è stata nel secondo trimestre.
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