Gli effetti del lockdown e della debole ripresa stanno determinando una pesante recessione globale. Nell’ultimo Economic Outlook dell’Ocse pubblicato lo scorso 10 giugno si indica per quest’anno una caduta del Pil italiano dell’11,3%, peggiorando di tre punti la previsione dell’Istat dell’8 giugno e di 2,3 punti quella della Banca d’Italia di fine maggio. Per la nostra economia il 2020 sarà l’anno con la più profonda recessione in tempi di pace: il Pil registrò un calo più ampio solo negli ultimi tre anni della Seconda guerra mondiale.
I dati statistici resi disponibili negli ultimi giorni, ed elaborati nel 6° report Covid-19 appena pubblicato dall’Ufficio Studi di Confartigianato, consentono di valutare l’intensità degli effetti del lockdown di marzo e aprile nei diversi settori, con interessanti confronti internazionali. Nella lettura dei dati va tenuto presente che l’Italia a fine marzo era il primo paese al mondo per numero di morti da Covid-19, a fine aprile risultava il secondo, dietro agli Stati Uniti.
Il quadro appare pesante per la manifattura italiana, la cui produzione, nel bimestre in esame, è caduta del 35,9%: la già forte riduzione (-29%) di marzo si è ulteriormente accentuata ad aprile (-43,7%); su base bimestrale si tratta della peggiore perdita di produzione degli ultimi trent’anni, stimabile in 58,2 miliardi di euro, quasi un miliardo di euro (953 milioni di euro) al giorno in meno.
La caduta di produzione registrata in Italia è di oltre dieci punti più ampia della media dei maggiori paesi Ue (-25,7%): in Francia l’indice dell’attività manifatturiera è sceso del 26,8%, in Spagna del 25,4% e in Germania del 20%.
In chiave settoriale si osservano cali meno accentuati per prodotti utilizzati anche nel lockdown quali food (-2,9%) e farmaceutica (-4,5%); all’opposto, cali più ampi per prodotti chiave del made in Italy come mobili (-61,1%), abbigliamento (-63,9%), autoveicoli (-66,8%) e pelle e calzature (-70,9%).
La crisi Covid-19 si è innescata su una crisi internazionale dell’auto, già conclamata nel 2019. Se analizziamo il trend della manifattura al netto del settore degli autoveicoli, la Germania registra una flessione della produzione del 10,5%, la Spagna del 19,2%, la Francia del 21,9%, mentre l’Italia perde il 33,7%. L’auto pesa il 20,2% dell’attività manifatturiera in Germania, la quota scende al 6,6% in Italia. La forte differenza del ritmo di produzione tra Germania e Italia mette a rischio la continuità delle catene internazionali di fornitura, con le imprese manifatturiere tedesche che potrebbero ricercare fornitori alternativi alle imprese italiane.
Nei dieci settori manifatturieri maggiormente energivori la sospensione della produzione ha generato effetti meno pesanti, con un calo dell’output del 25%, a fronte della caduta del 46,1% dei rimanenti settori. In questa prospettiva vi è un’attenuazione degli effetti depressivi sulla domanda di energia derivanti dal calo dell’attività manifatturiera.
La manifattura viene penalizzata anche dalla caduta della domanda estera: ad aprile 2020 si registra un crollo delle esportazioni del 41,6% che, nel complesso del bimestre marzo-aprile 2020, determina la riduzione di oltre un quarto (-27%) delle vendite di made in Italy. Ad aprile la moda perde il 79,1%, appesantendo il già pessimo dato di marzo (-32,2%), i mobili sono a -74,3% a fronte del -25,3% di marzo. L’indicatore anticipatore degli ordini non fa prevedere una fase di ripresa per l’estate: a marzo gli ordinativi segnano una caduta del 26,6% e ad aprile quasi si dimezzano (-49%): nel bimestre in esame, gli ordinativi cumulano una flessione del 36,9% rispetto allo stesso periodo del 2019.
Ad aprile 2020 l’indice della produzione delle costruzioni registra una flessione del 66,7%; dopo il calo del 33,3% registrato a marzo, la flessione cumulata del bimestre marzo-aprile è del 49,3%. Nel confronto internazionale l’attività edilizia ha cumulato un forte calo (-51,5%) anche in Francia; la riduzione è più attenuata in Spagna (-24%), mentre la Germania è in controtendenza, registrando una aumento significativo della produzione (+5,5%).
Nell’ambito del terziario, nel bimestre marzo-aprile si osserva che le vendite al dettaglio sono calate del 22,7%, trainate in basso dalla caduta del 45,1% della spesa non alimentare, mentre quella alimentare è salita del 5,5%. Tengono (+0,2%) le vendite della grande distribuzione non specializzata, mentre calano del 68% quelle della grande distribuzione specializzata; perdono un terzo (-33%) le vendite su piccole superfici, mentre il commercio elettronico mostra un forte aumento, nel bimestre pari al +22,6%.
Nel confronto internazionale forti cali delle vendite no food anche per Spagna (-44,1%) e Francia (-39%), mentre la Germania segna un calo dell’11,3%, confermando gli effetti meno pesanti delle misure di contenimento. Cali delle vendite inferiori ai dieci punti percentuali in numerosi paesi del Nord Europa: Polonia (-2,1%), Svezia (-2,2%), Ungheria (-4,6%), Paesi Bassi (-5%), Finlandia (-6,2%), Danimarca (-8%), Estonia (-8,7%), Slovacchia (-8,9%), Lettonia (-9,8%).
Anche per l’andamento dei consumi elettrici si osserva una forte divaricazione tra Itala e Germania: nel bimestre in cui hanno maggiormente agito le misure di contenimento del contagio la domanda cumulata di energia elettrica in Italia è scesa del 13,5%, in Spagna del 10,5%, in Francia del 10,1%, mentre in Germania la riduzione si è fermata al 5%.
I dati qui descritti rendono evidente l’insostenibilità di un secondo lockdown: sempre nell’ Economic Outlook dell’Ocse viene delineato uno scenario alternativo, più severo, con un ritorno del contagio, nel quale il Pil crollerebbe del 14%: un secondo lockdown, quindi, peserebbe 2,7 punti di Pil per quest’anno, valutazioni in linea con quelle elaborate nell’ultimo Documento di economia e finanza pubblicato dal Mef a fine aprile.