Ieri, come ogni anno dal lontano 1951 quando si impose la “Regina” Nilla Pizzi con la sua “Grazie dei Fior”, è iniziato il Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Sanremo in questi suoi 70 anni (ben portati) ha raccontato, attraverso la sua musica, le trasformazioni, le ansie e i sogni di questo nostro Paese. Questo compito lo svolgerà, prevedibilmente, anche in questo anno horribilis segnato, in Italia e nel mondo intero, dal Covid-19.
La musica, tuttavia, è bene ricordarlo rimane, sempre più, anche una “industria” e uno dei brand forti del nostro made in italy. Un settore, quello della musica e dello spettacolo più in generale, che, secondo l’Inps, nel 2019 (prima della crisi) interessava un significativo numero di lavoratori (con almeno una giornata retribuita nell’anno) pari a ben 327.812 unità. Se si guarda, poi, alla distribuzione dei lavoratori dello spettacolo per area geografica, nel 2019 il 38,7% dei lavoratori era operativo nelle regioni del Centro, a seguire il Nord-Ovest con il 26,9%, Sud e isole con il 17,3% e il Nord-Est con il 17%.
Il gruppo professionale più numeroso era quello degli attori (25,4%), seguito dai gruppi dei lavoratori degli impianti e circoli sportivi (11,2%), degli impiegati (11%) e dei concertisti e orchestrali (9,4%). Analizzando, quindi, la struttura per classi di età emerge così che, nel 2019, l’età media di questi (giovani) lavoratori era tra i 25 e i 29 anni e che la componente maschile rappresentava ben il 57,5% del totale.
Dal punto di vista più strettamente economico, la retribuzione media annua stimata era, ahimè, di soli 10.664 euro per un numero medio annuo di 100 giornate retribuite. Questa, è opportuno sottolineare, aumentava al crescere dell’età, almeno fino ai 55-59 anni, ed è costantemente più alta per gli uomini (11.749 euro contro 9.199 euro per le donne). Importi, come si nota, mediamente modesti e che erano, già prima della crisi, in lieve diminuzione negli ultimi anni.
Nei giorni scorsi il Principe della musica italiana, al secolo Francesco De Gregori, ha, in questo quadro, provocatoriamente lanciato l’idea di un Ministero del Divertimento. Il divertimento, quindi, un settore economico che, come ricordato, ha molto sofferto in questi mesi, ma una dimensione della vita di tutti noi che va certamente oltre il dato meramente finanziario.
Nel mondo che verrà dopo il Covid, infatti, dovrà necessariamente tornare anche il diritto a divertirsi soprattutto, ma non solo, per le giovani generazioni. Il diritto/dovere di andare a un concerto cantando a squarciagola le canzoni dei nostri idoli, bevendo una birra con gli amici e magari provandoci con la ragazzina che ci piace (non prendendo possibilmente il temuto “due di picche”) è qualcosa che è sicuramente mancato ai nostri ragazzi, mi sbilancio, più delle versioni di latino.
Si cresce e si diventa uomini, e professionisti, non solo sui banchi di scuola ma anche sognando sulle note delle canzoni ascoltate in compagnia in un club o in uno stadio. Speriamo se lo ricordino anche i tecnici di super Mario Draghi quando si dedicheranno all’ennesima (definitiva) riscrittura del Recovery plan.