Finalmente una buona notizia, anzi, no. L’incipit del rapporto Economia di Istat relativo alla povertà nel 2021 destava preoccupazione, ma, indomiti e impegnati nella lettura, la sintesi riportata era, o per lo meno appariva, promettente: «Secondo le stime preliminari, nel 2021 le famiglie in povertà assoluta in Italia sono il 7,5% (7,7% nel 2020) per un numero di individui pari a circa 5,6 milioni (9,4%, come lo scorso anno), confermando sostanzialmente le stime del 2020». Scritto così è lecito pensare come, nonostante tutto e il contrario di tutto, il dato potrebbe apparire positivo ovvero: meno italiani poveri rispetto all’anno precedente. Ma, e purtroppo in economia i “ma” fanno la differenza e dettano gli umori, proseguendo nella medesima e successiva lettura, si apprendeva come: «Senza la crescita dei prezzi al consumo registrata nel 2021 (+1,9%) l’incidenza di povertà assoluta sarebbe stata al 7,0% a livello familiare e all’8,8% a livello individuale, in lieve calo, quindi, rispetto al 2020». A ragion veduta, purtroppo, l’incipit iniziale era (ovviamente) corretto: «L’inflazione annulla la lieve ripresa delle condizioni economiche delle famiglie».
Accantonata l’utopica speranza di vedere un’Italia meno povera, il dato reale, quello di tutti i giorni, vede ancora una volta la dura e cruda realtà: la famigerata “stangata” in capo agli italiani, che, come tutti gli anni, anche quest’anno è arrivata. Prescindendo da crisi economiche, guerre e quant’altro, ogni volta è sempre la solita storia (così viene spontaneo dire e ammetterlo): pagare, pagare tanto, pagare a prescindere. E proprio il “gesto del pagare”, dopo la pandemia, sembrava in qualche modo essere migliorato almeno per alcuni: invece no. Ora, per il tramite (a causa) dell’inflazione, l’essere sopravvissuti a un evento poco probabile come quello pandemico appariva come l’aver scalato un’insormontabile cima, ma tutto ciò non poteva bastare. Ecco, quindi, giungere il carovita a farla da padrone al pari di un altro e impervio tragitto dopo essere giunti in vetta.
Non possiamo nascondere come l’insieme di queste condizioni potrebbe rappresentare l’inizio di una più eclatante sconfitta per gli italiani. La temuta “stangata” era nell’aria e il suo annuncio era solo posticipato a data da definire. Già nel corso della prossima settimana, il dato provvisorio sui prezzi al consumo potrebbe confermare l’intrapreso abbrivio lungo questo pericoloso cammino scosceso e, conseguentemente, le dirette ripercussioni in ottica futura ne comporteranno una certa drammaticità in capo all’Italia e agli stessi italiani.
L’amarezza è molta e la consapevolezza di assistere inermi alle disgrazie altrui è da notti insonni. Oggi, e quasi certamente domani, non ci si troverà a parlare di divario tra poveri, ceto medio e ricchi, ma, bypassando questa sorta di “suddivisione classista”, duole ammetterlo, l’argomentare sarà maggiormente crudo e caratterizzato da una più cinica clusterizzazione: i molti sconfitti, gli ancora sopravvissuti, e i pochi (pochissimi) vincitori.
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