Istat ha pubblicato il report sulla soddisfazione dei cittadini nei confronti della loro vita nel 2022. Il report è ricavato dall’indagine che si chiama “Aspetti della vita quotidiana” e cerca di misurare se le persone sono contente (in confronto con le loro aspettative…) della loro vita. Si indaga anche su aspetti particolari: la situazione economica, le relazioni con gli amici, il lavoro, ecc. L’indagine non vale tanto per i suoi valori assoluti: ci sono insoddisfatti che avendo molto si aspettavano di più, e soddisfatti che avendo poco ne sono appagati, ma i movimenti relativi di anno in anno ci dicono molto su come evolvono le aspettative delle persone.
Diciamo subito che nel 2022 l’umore dell’italiano medio è migliorato, l’uscita dalla pandemia ha sicuramente influito: il 46,2% ha un’elevata soddisfazione per la sua vita nel complesso, stabile rispetto al 2021, la soddisfazione insufficiente riguarda l’11,9%, per tutti gli altri (41,9%) siamo alla sufficienza (voti fra il 6 e il 7). Non va invece bene per la fiducia negli altri: l’affermazione “gran parte della gente è degna di fiducia” è condivisa solo dal 24% degli italiani, in calo rispetto all’anno precedente.
Per alcuni aspetti della vita le cose vanno diversamente: alcuni migliorano, altri no. In particolare, la soddisfazione per il tempo libero è cresciuta di 9,2 punti su cento, quella per le relazioni con gli amici del 7,5% e con la famiglia dell’1,8%. La soddisfazione per il lavoro migliora dello 0,4%.
Se facciamo una classifica dei valori e degli ambiti di relazione che soddisfano di più gli italiani, prima viene la famiglia (88,9% di molto o abbastanza soddisfatti), poi la salute (79,8%), gli amici (79,6%) e il lavoro (77,9%). Il lavoro in quarta posizione non è poi male, visto il dibattito sulle grandi dimissioni.
Se guardiamo un poco più in dettaglio scopriamo che la soddisfazione per il lavoro cresce di più per dirigenti, imprenditori e liberi professionisti, dal 77,8% all’83,5%. Anche per le donne il lavoro segna soddisfazione per l’81,9%, contro il 74,5% del 2021, un netto recupero che ci fa capire quanto abbia pesato la pandemia sulle donne.
Gli over 55 hanno tassi di soddisfazione per il lavoro più alti dei giovani. Gli occupati poco o per nulla soddisfatti del loro lavoro sono 4 milioni. Il picco dell’insoddisfazione sta nella classe di età fra 35 e 55 anni.
Situazioni diverse anche per la valutazione della condizione economica: si registra un incremento di soddisfazione per dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (dal 64,1% al 69,2%) e per le donne (dal 61,9% al 70,3%). Aumenta la soddisfazione anche tra i lavoratori in proprio (dal 46,3% al 51,2%) e tra coloro che sono in cerca di nuova occupazione (dal 27,0% al 32,0%). Male invece categorie professionali quali: direttivi, quadri, impiegati, intermedi, operai, apprendisti, casalinghe e ritirati dal lavoro che riducono la propria soddisfazione di 3 o più punti percentuali.
Tutto sommato la visione che le persone hanno della loro situazione lavorativa corrisponde a quella che ricaviamo da altri dati sul mercato del lavoro: l’inflazione erode i redditi fissi, l’autonomia sul lavoro, sia che la si conquisti da indipendente che da dirigente, è un valore premiante. Uscire di casa per lavorare è fonte di soddisfazione oltre che di reddito, ma non per tutti, e i 4 milioni di insoddisfatti del lavoro continueranno a cercare un lavoro migliore, sia che passino inosservati, sia che si voglia contarli come “grandi dimissioni”.
L’Italia resta un Paese di grandi contraddizioni: diffidenti verso gli altri, ma con con più di 4 milioni e 600 mila persone che si occupano di volontariato; un tasso di occupazione che fa fatica a crescere oltre il 60%, ma un numero crescente di occupati delle organizzazioni non profit, passati dai 680 mila del 2011 agli 870 mila nel 2020 (dati del censimento Istat sul settore, 2020). Il lavoro è sempre in bilico tra solidarietà e sopruso, come testimoniano anche i dati sulle aggressioni legate all’orientamento sessuale delle persone omosessuali o bisessuali sul luogo di lavoro rilevate da Istat per il 2022.
Ci sono comunque due segnali allarmanti per il futuro del lavoro in Italia e per la vita sociale del Paese e sono due segnali legati fra di loro: la condizione di chi un lavoro non lo trova e ha smesso di cercarlo e la caduta di fiducia nei confronti degli altri. Come ricorda papa Francesco nella “Fratelli tutti”: «La semplice proclamazione della libertà economica, quando però le condizioni reali impediscono che molti possano accedervi realmente, e quando si riduce l’accesso al lavoro, diventa un discorso contraddittorio… Parole come libertà, democrazia o fraternità si svuotano di senso».
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