L’Associazione Artigiani e Piccole Imprese (CGIA) di Mestre fa egregiamente la sua parte; studia, calcola, poi pubblica notizie non sempre belle. Porc… negli ultimi 20 anni la ricchezza del nostro Paese (Pil) è cresciuta mediamente dello 0,2% ogni anno. Un dato preoccupante, riconducibile agli effetti negativi provocati dalla grande crisi iniziata nel 2008. Rispetto a 12 anni fa, l’Italia deve recuperare ancora 4,2 punti percentuali di Pil, ma anche 19,2 punti di investimenti, 5,9 punti di reddito disponibile delle famiglie e 1,4 punti percentuali di consumi delle famiglie.



Sempre in questa ultima dozzina d’anni gli occupati sono cresciuti dell’1,6% e, nonostante questo aspetto positivo, il monte orario e il livello medio delle retribuzioni sono diminuiti. Le cause: un deciso incremento della precarietà, la disoccupazione che era al 6% e ora si aggira attorno al 10%.

Dunque il Pil 2018, ai prezzi di mercato, risulta pari a 1.765.421 milioni di euro correnti. A fare questo gruzzolo concorre la spesa aggregata: quella dei consumatori ne fa oltre il 60%; agli altri, spesa per investimenti/spesa pubblica/spesa per le scorte, solo il misero resto.



Bene, quando ai primi son venuti a mancare quei 5,9 punti di reddito, per fare quella maledetta spesa e fare la crescita, e si son ridotti i consumi di solo l’1,4%… o la si è fatta con il debito, con un miracolo o con lo spremere ancor più l’essere prodigo che alberga in noi.

Sia come sia, si può continuare a sperare di poter fare la crescita solo con la nostra “incontinenza”?Ma sono da recuperare al Pil pure quei 19,2 punti di investimento, dite? Già, lor Signori stanno decidendo cosa… se dal nuovo debito, dai miracoli o dall’incontinenza potrà essere smaltito l’invenduto, prima di poter spendere per investire e riprodurre. Et voilà, le scorciatoie della Provvidenza!