In attesa della preparazione del solito, corposo, rapporto annuale sulle attività di ricovero, il ministero della Salute ha anticipato una sintesi dei principali risultati dell’ospedalizzazione relativa all’anno 2023 (ministero della Salute: Principali evidenze sulla attività di ricovero ospedaliero. Anno 2023. Short report). Il rapporto si basa sulle schede di dimissione ospedaliera (SDO) riferite ai singoli episodi di ricovero.
Nel 2023 sono confluite nel flusso informativo SDO complessivamente 7.958.907 schede di dimissione, con un incremento di 312.367 unità, pari al 4,1% rispetto al 2022. La Figura 1 illustra l’andamento negli anni della numerosità delle schede trasmesse: dopo un periodo di ospedalizzazione praticamente costante, dal 2007 si osserva un forte decremento dei ricoveri, decremento che ha ridotto la sua velocità a partire dal 2013-2014.
La Figura 1 mostra, inoltre, l’effetto sui ricoveri ospedalieri della pandemia da Sars-CoV-2: dopo la contrazione registrata nel 2020 e 2021, si osserva un incremento dei ricoveri che, nel 2023, sono quasi al livello del 2019. Per meglio comprendere l’effetto della pandemia, nel grafico è stato ipotizzato (linea tratteggiata) l’andamento dei ricoveri per gli anni 2020-2023 alla luce dell’andamento degli anni precedenti, dal quale emerge che il confronto assoluto con il 2019 non è del tutto adeguato in quanto non tiene conto che sul lungo periodo i ricoveri diminuiscono.
Figura 1. Numero di schede di dimissione ospedaliera in Italia. Anni 2001-2023. Fonte: Ministero della Salute.
Se, invece del numero assoluto di dimissioni, si considera il tasso di ospedalizzazione, che tiene conto anche dell’entità della popolazione di riferimento, questo indice è passato da 148,9 per 1.000 abitanti nel 2013 a 123,9 nel 2019, per ridursi a 99,0 nel 2020 e risalire a 117,5 nel 2023. Nella Figura 2 sono riportati i tassi di ospedalizzazione, per regione, per acuti in regime ordinario e diurno per 1.000 abitanti: vi si osserva una discreta variabilità tra regioni italiane.
Figura 2. Tassi di ospedalizzazione standardizzati (per età e sesso) per 1.000 abitanti: attività per acuti in regime ordinario e diurno, per regione. Anno 2023. Fonte: Ministero della Salute.
La Tabella 1 presenta per il periodo 2013-2023 l’andamento numerico di alcuni indici complessivi della attività ospedaliera. In modo simile al tasso di ospedalizzazione, anche le giornate di degenza erogate sono risultate in diminuzione nel lungo periodo, con analoga contrazione nel 2020 e risalita negli ultimi tre anni. Il numero di giornate di degenza erogate nel 2023 è stato pari a 54,847 milioni, con un incremento rispetto al 2022 del +3,0%, valore ancora lontano dai 58,799 milioni del 2019 (-6,7%).
Tabella 1. Dati e indici complessivi di attività. Anni 2013-2023. Fonte: Ministero della Salute.
Al contrario, la durata media della degenza (per i ricoveri ordinari acuti) e il peso medio sono aumentati nel periodo in esame (Figura 3): la prima è passata dai 6,8 giorni del 2013 ai 7,1 del 2023 (con un aumento della durata media dei ricoveri negli anni pandemici, in particolare nel 2020: 7,5 giorni) e il secondo è passato da un valore medio di 1,15 nel 2013 a 1,31 nel 2023 (con un aumento nel periodo pandemico e un picco nel 2021.
Figura 3. Durata media in giorni della degenza (per i ricoveri ordinari acuti) e del peso medio. Anni 2013-2023. Fonte: Ministero della Salute.
Il numero medio di diagnosi descritte nelle schede è sostanzialmente stabile nel tempo: per il regime ordinario è pari a 2,5 per i ricoveri per acuti, 3,3 per i ricoveri di riabilitazione e 3,7 per i ricoveri di lungodegenza. Per il regime diurno, il numero medio di diagnosi per ricovero scende a 1,6 per i ricoveri per acuti e a 3 per i ricoveri di riabilitazione. Se si suddividono le strutture per tipologia di istituto, si nota che nei ricoveri per acuti in regime ordinario il numero medio di diagnosi per scheda è pari a 2,7 negli istituti pubblici, 2,1 negli istituti privati accreditati e 1,5 nelle strutture non accreditate, segno che nelle strutture private la completezza della registrazione può migliorare.
La Tabella 2 presenta la distribuzione delle dimissioni, delle giornate di degenza e della durata media della degenza per tipo di struttura, attività e regime di ricovero nell’anno 2023. Circa il 73% dei ricoveri per acuti ordinari (il 70% per quelli diurni) e l’80% delle giornate di degenza per accessi diurni sono stati erogati da strutture pubbliche (ospedali a gestione diretta, aziende ospedaliere, policlinici universitari pubblici, IRCCS pubblici e fondazioni pubbliche, istituti qualificati presidio USL) e circa l’80% dei ricoveri e delle giornate di degenza di riabilitazione sono stati erogati da strutture a carattere privato (case di cura private accreditate, IRCCS e fondazioni private, ospedali classificati, policlinici universitari privati accreditati). La degenza media è minore nelle strutture private rispetto alle pubbliche per i ricoveri acuti e per i ricoveri ordinari in riabilitazione, mentre è superiore per i ricoveri diurni in riabilitazione e i ricoveri in lungodegenza.
Tabella 2. Distribuzione delle dimissioni, delle giornate di degenza e della durata media della degenza per tipo di struttura (pubblica, privata), tipo di attività e regime di ricovero. Anno 2023. Fonte: Ministero della Salute.
La proporzione di attività tra strutture pubbliche e private evidenzia una forte variabilità tra regioni, il che indica un’ampia diversificazione dell’offerta tra territori.
La degenza media preoperatoria, indicatore di efficienza organizzativa delle strutture sanitarie, rimane stabile (1,6 giorni nel 2023), con rilevanti differenze a livello regionale: si va da 1,1 giorni del Piemonte e 1,2 di Toscana e P.A. Bolzano ai 2,1 di Valle d’Aosta, Molise e Basilicata e 2,2 della Sardegna.
La distribuzione regionale di alcuni indicatori classici di appropriatezza organizzativa vede il 2023 in sostanziale miglioramento rispetto al 2022: riduzione del 4% sia delle dimissioni da reparti chirurgici con DRG (Diagnosis Related Group) medico, sia dei ricoveri diurni di tipo diagnostico con DRG medico, e una riduzione dell’11% dei ricoveri con degenza oltre soglia con DRG medico in pazienti con età di 65 anni e oltre. Più contenuto (1%) il miglioramento degli indicatori relativi ai ricoveri brevi, sia di 0 o 1 giorno, sia di 2-3 giorni. Per quanto riguarda gli indicatori di appropriatezza clinica, sono da segnalare, in negativo, il forte incremento medio dell’ospedalizzazione per tonsillectomia e, in positivo, il lieve ma costante miglioramento dell’appropriatezza in merito al ricorso al taglio cesareo (praticato in circa il 32% dei parti registrati nel 2023, valore ancora lontano dagli standard internazionali), entrambi con marcate eterogeneità regionali.
I tassi di ospedalizzazione per alcune condizioni cliniche che sono considerate facilmente gestibili in ambiente extra-ospedaliero (diabete non controllato o con complicanze, insufficienza cardiaca e asma nell’adulto, malattie polmonari croniche ostruttive, influenza nell’anziano, patologie correlate all’alcol e patologie psichiatriche) si mantengono molto al di sotto dei valori pre-pandemici. Stabile è l’attività ospedaliera relativa ai DRG a rischio di inappropriatezza se erogati in regime di ricovero ordinario (con una discreta variabilità regionale) mentre rimane elevata (intorno al 40%) la proporzione di ricoveri di un giorno in regime ordinario, indicando un ricorso diffusamente non adeguato a questa tipologia di setting.
Complessivamente, l’attività di ospedalizzazione dell’anno 2023 mostra vari elementi di positività, ma anche segnali di criticità.
Socialmente positivi sono: la continua diminuzione del numero di ricoveri e delle giornate di degenza e l’aumento del peso e della durata media della degenza. Sono considerati positivi perché indicano che l’ospedale sta andando sempre di più verso la sua funzione di struttura dedicata alla complessità delle cure, mentre le attività complementari si possono indirizzare verso il territorio. Ciò ha significative conseguenze positive sull’organizzazione dell’ospedale: tra l’altro, sui costi (in forza dell’elevato costo di una giornata di ricovero), sul numero di letti, sulla dotazione di personale e sull’appropriatezza delle erogazioni.
La riduzione complessiva del volume dei ricoveri (-19% negli ultimi dieci anni) è stata prevalentemente determinata dalle scelte di programmazione sanitaria volte a potenziare l’assistenza territoriale e a disincentivare i ricoveri inappropriati, mentre alla riduzione delle giornate complessive di degenza (-15% negli ultimi dieci anni) partecipa anche lo sviluppo delle metodiche di cura, soprattutto nel settore chirurgico con una notevole riduzione del decorso post-operatorio in ospedale. I dati di ospedalizzazione del 2023, inoltre, segnano con molta probabilità il termine delle perturbazioni delle attività di ricovero dovute alla pandemia e il ritorno alla situazione di normalità pre-pandemica.
Positivi sono poi alcuni aspetti relativi al miglioramento dell’appropriatezza organizzativa (dimissioni da reparti chirurgici con DRG medico, ricoveri diurni di tipo diagnostico con DRG medico, ricoveri con degenza oltre soglia, ricoveri brevi, ricoveri inappropriati) e clinica (ricorso al taglio cesareo), così come favorevolmente va letta la diminuzione dei ricoveri per alcune condizioni cliniche che sono considerate facilmente gestibili in ambiente extra-ospedaliero.
D’altra parte, vi sono aspetti che è possibile migliorare. È il caso della appropriatezza di ricoveri di un giorno in regime ordinario per la tonsillectomia e il taglio cesareo. Per ambedue gli indicatori si osservano forti variazioni tra regioni, eterogeneità che pone serie domande sulla capacità del servizio sanitario di perseguire gli obiettivi di universalismo, uguaglianza, ed equità che costituiscono i pilastri del sistema sanitario nazionale. Anche le differenze nei ricoveri tra strutture pubbliche e private, e soprattutto le regioni, offrono spunti per una riflessione sulle caratteristiche della rete di offerta.
Pertanto, se sono apprezzabili i passi avanti del sistema di ricovero del nostro Paese valutati attraverso il miglioramento di indicatori di ospedalizzazione, occorre rilevare che molto c’è ancora da fare sia sul versante clinico, sia su quello organizzativo e gestionale e dell’accreditamento. Preoccupa l’eterogeneità degli indicatori regionali, perché mette in discussione il principio di uguaglianza che è alla base del nostro SSN. Alle note differenze tra le regioni del Nord e quelle del Sud, differenze che non emergono solo negli indicatori di ospedalizzazione qui esaminati ma che si estendono (si vedano i rapporti di Agenas) agli indicatori di esito della ospedalizzazione, agli indicatori di mortalità e di durata della vita (ISTAT) e agli indicatori riferiti alle attività di prevenzione individuale od organizzata (ISTAT; PASSI), e che vedono le regioni del Mezzogiorno presentare da tempo i valori più sfavorevoli come se tali differenze costituissero una caratteristica strutturale non modificabile, cui si aggiungono eterogeneità regionali che non trovano spiegazione nel noto divario tra Nord e Sud, e sono quindi legate a fenomeni locali di più difficile individuazione. Queste eterogeneità si registrano soprattutto nelle regioni più estese geograficamente.
La ripetuta ed estesa disponibilità di informazioni riferibili a tanti e diversi aspetti del servizio sanitario deve indurre gli analisti della sanità a fare un passo metodologico in avanti: dalla documentazione e descrizione di quello che si vede alla individuazione delle sue potenziali cause, perché è su queste ultime che si deve intervenire. Ma questa è un’altra storia.
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