Nonostante le attenzioni (e le polemiche) siano concentrate sulle misure relative ai contributi a fondo perduto per le imprese e i professionisti e sulla cancellazione di alcune cartelle fiscali, per Claudio Durigon i provvedimenti più importanti del Decreto sostegni sono quelli relativi «agli acquisti aggiuntivi di vaccini e farmaci anti-Covid, rispettivamente per 2,1 miliardi e 700 milioni di euro. Ci sono anche fondi per la produzione di vaccini in Italia. Insieme al piano di immunizzazioni che il Governo sta portando a regime, questi interventi aiutano a intravvedere una luce in fondo al tunnel dell’emergenza pandemica». Il sottosegretario all’Economia non nasconde che sugli indennizzi «è stato fatto un primo importante passo in avanti, ma non basta. Il prossimo decreto che vareremo, utilizzando le risorse di un nuovo scostamento di bilancio, dovrà essere dedicato alle imprese. Tenuto anche conto che abbiamo introdotto la Cassa integrazione in deroga con la causale Covid fino a fine anno, mettendo fine alle continue proroghe per periodi settimanali, direi che ci sono elementi di discontinuità rispetto al passato».
Una delle critiche mosse al Decreto sostegni è proprio quella di una scarsa discontinuità rispetto ai Decreti ristori, specie per quel che riguarda il capitolo lavoro…
Guardi, con la Cig Covid fino a fine anno eliminiamo un elemento di incertezza per le aziende. Inoltre, si comincia a impostare la fine del blocco dei licenziamenti per alcune situazioni particolari. Certamente durante l’iter parlamentare alcuni elementi del Decreto potranno essere rivisti.
I contributi a fondo perduto varati con il Decreto coprono anche la chiusura forzata di alcune attività di questi giorni?
Assolutamente no. Abbiamo utilizzato lo scostamento di bilancio chiesto dal precedente Governo, che in qualche modo ci aveva illuso di avere un piano vaccini che già in questo periodo avrebbe portato a dei riflessi positivi sull’economia, oltre che sull’emergenza pandemica. Purtroppo non è stato così e alcune risorse sono state quindi destinate a quello che ho spiegato essere l’elemento più importante del Decreto, utile a rafforzare il piano vaccinale.
Per ottenere gli indennizzi dovrà presentare domanda anche chi ha già ricevuto i ristori nei mesi scorsi?
Sì. Si tratta di un contributo a fondo perduto che non tiene conto dei precedenti ristori. Avendo eliminato i codici Ateco, coinvolgerà più imprese evitando disuguaglianze di trattamento.
La domanda andrà presentata anche per poter godere di un credito d’imposta da utilizzare in compensazione al posto dell’indennizzo?
Sì. La domanda sarà semplice da presentare e Sogei sta già lavorando alla piattaforma che verrà utilizzata. Dopo Pasqua partiranno i primi bonifici ed entro la fine di aprile tutti coloro che richiederanno il contributo a fondo perduto, avendone diritto, riceveranno l’importo sui loro conti correnti.
Le categorie chiedono di poter avere aiuti anche per coprire i costi fissi che inevitabilmente si devono sostenere anche tenendo chiusa l’attività. Ci sarà qualcosa nel nuovo decreto che, come ha detto, sarà dedicato alle imprese?
Siamo già al lavoro e sicuramente questo è uno dei temi principali sul tavolo, ma miriamo soprattutto a dare liquidità alle imprese. Oggettivamente c’è bisogno di strumenti che alla ripartenza, che sono convinto arriverà a breve, possano esseri efficaci e dare vigore alle aziende. Ce ne sono diversi allo studio, vedremo su quali concentrare l’azione.
Ci sarà qualcosa per le imprese con fatturato sopra i 10 milioni di euro, escluse dai contributi a fondo perduto del Decreto sostegni?
Sicuramente dovranno esserci provvedimenti che vadano incontro alle loro esigenze. Ci sono arrivati diversi suggerimenti dalle associazioni di categoria, dovremo anche capire a quanto ammonterà lo scostamento di bilancio.
È ancora presto per ipotizzare una cifra?
Molto dipende anche da quanto durerà il regime di restrizioni. È importante riaprire il prima possibile e la campagna vaccinale sarà in questo senso determinante. Nel decreto interverremo anche per quel che riguarda le tasse il cui versamento è stato sospeso già dall’anno scorso: non si può pensare che tutte le imprese possano saldare in un’unica soluzione il 31 luglio. Bisognerà perciò capire come dilazionare questi pagamenti. È un tema che abbiamo già posto nel dibattito interno al Governo.
Prima del varo del Decreto si parlava della cancellazione di 65 milioni di cartelle fiscali. Ora che sono stati cambiati i riferimenti annuali (dal 2000 al 2010, anziché fino al 2015) ed è stato posto il tetto di reddito a 30.000 euro quante sono?
Circa 7 milioni, per un totale di 2,6 milioni di soggetti interessati. Speriamo di aumentare questo numero durante l’iter parlamentare. C’è stata un po’ di frizione su questo tema, anche perché si è giocato troppo con la demagogia parlando di condono quando invece siamo di fronte a un’operazione che mira a liberare il Magazzino fiscale dell’Agenzia delle Entrate di crediti sempre più inesigibili. Tra Salvini e Draghi c’è stato un colloquio in cui sono stati presi degli impegni per un intervento strutturale che possa porre rimedio a una situazione per la quale parlano i numeri.
Quali?
Al 31 dicembre 2020 il numero complessivo di cartelle fiscale ammonta a 137 milioni. In più ve ne sono in partenza altre 10 milioni che sono state bloccate. È chiaro, di fronte a questa mole di cartelle, che l’Agenzia delle Entrate non potrà essere esaustiva nel recuperare tutti i crediti, che diventeranno sempre più inesigibili.
Anche questo sarà un tema che verrà affrontato durante l’iter parlamentare del decreto?
Un obiettivo è quello di aumentare gli anni di riferimento delle cartelle e forse togliere il tetto del reddito a 30.000 euro. Un altro è riuscire ad arrivare a una norma ordinamentale che metta a regime alcune prassi per cercare in qualche modo di rinvigorire l’azione della stessa Agenzia delle Entrate. Ricordo che pochi giorni fa tutta la Commissione finanze della Camera ha votato come elemento principale da inserire anche nel Recovery Plan la cancellazione delle cartelle esattoriali per liberare il Magazzino fiscale, composto in gran parte da crediti che di fatto sono inesigibili.
A proposito di Recovery plan, come prosegue la sua riscrittura? Quanto spazio ci sarà per modifiche in Parlamento e quali proposte della Lega troveremo?
Innanzitutto va detto che stiamo cercando di recuperare l’ampio ritardo generato dal precedente Governo. Il termine ultimo del 30 aprile è molto stringente. Ogni ministro sta presentando proposte che devono essere valutate per poi eventualmente entrare nel documento da sottoporre al Parlamento. Oggettivamente oggi non ci si può fossilizzare solo su un’opera o su un’altra. Credo che ce ne siano diverse che possono in qualche modo tecnologicamente portare l’Italia fuori dal passato e rimetterla in gioco per il futuro. Penso che subito dopo Pasqua ci saranno più elementi su cui potersi pronunciare.
Riforma fiscale e assegno unico per i figli: quali le idee della Lega? Quali i punti di contatto con quelle degli altri partiti?
Questo è un Governo nel quale non c’è omogeneità di idee, è un Governo d’emergenza e nessuno può illudersi che i propri cavalli di battaglia possano essere presi e approvati così come sono. Noi siamo entrati in questo esecutivo con senso di responsabilità e con la volontà di trovare soluzioni adeguate ai problemi del Paese. Sulla riforma fiscale ci sarà sicuramente un dibattito nella maggioranza. Sull’assegno unico penso che ci si stia muovendo nella direzione unanime di continuare a implementare il progetto attuale e migliorarlo.
Inserendo anche una clausola di salvaguardia?
È un tema che è sul tavolo. Vedremo poi nell’iter parlamentare.
Nei giorni scorsi lei si è pronunciato a favore della cancellazione del cashback per reperire altre risorse da destinare alle imprese e alle attività economiche. Farete qualcosa di concreto su questo?
Credo che il cashback si possa casomai rivalutare e rivedere, specialmente perché per l’anno prossimo sono stati stanziati 3 miliardi che in questo momento potrebbe essere meglio utilizzare in altro modo. Se non cancellarlo, si potrebbe pensare di limitarlo ad alcune fasce specifiche di cittadini in modo da contribuire alla diffusione dell’utilizzo dei pagamenti elettronici.
In ogni caso la cancellazione o la revisione dovrebbe partire dall’anno prossimo?
Diciamo che per quest’anno il costo del cashback non è così alto come per il prossimo.
Il ministro del Lavoro Orlando ha detto che al momento il tema delle pensioni è in secondo piano, ma resta da capire come poter tenere insieme posizioni diverse sul tema dovute all’eterogeneità della maggioranza…
Quota 100 è stata una risposta alla Legge Fornero che dalla sera alla mattina ha iniquamente aumentato di 5 anni il traguardo pensionistico per diversi lavoratori. Al 2 marzo si contano 381.000 domande presentate, il che vuol dire che è stata una misura di cui si sentiva bisogno. Credo che Quota 100 abbia svolto il suo compito e che oggi serva qualcosa di diverso, specialmente nel settore privato, dove tra poco ci sarà lo sblocco dei licenziamenti. Se il mercato non si riprenderà, l’impatto sull’occupazione sarà forte. A mio parere le ristrutturazioni aziendali dovrebbero avvenire con scivoli che possano aiutare le aziende a riorganizzarsi, anche perché il Covid rappresenta uno spartiacque importante, serviranno nuove figure professionale e c’è quindi bisogno che i giovani possano essere inseriti con più facilità. Flessibilità in uscita e flessibilità in entrata sono due argomenti fondamentali da qui al prossimo anno.
Concretamente cosa bisognerà fare per il post-Quota 100?
Sicuramente non si può pensare di tornare alla Legge Fornero tout court o avere soltanto un’Ape social leggermente rivista. Credo serva una cassetta degli attrezzi che permetta alle aziende in ristrutturazione di poter concedere degli scivoli a chi è in età avanzata e, perché no, assumere dei giovani. Il contratto di espansione ha dato grandi risposte alle medio-grandi aziende, secondo me va rivisto in modo che possa essere esteso anche a quelle più piccole.
Lei è anche primo firmatario di una proposta di legge della Lega sulle pensioni che prevede la possibilità di accedere alla quiescenza dopo 41 anni di contributi, ma con il ricalcolo contributivo dell’assegno. Una Quota 41 diversa da quella chiesta negli ultimi anni dai lavoratori precoci…
La Quota 41 era un obiettivo che avevamo promesso. Abbiamo quindi cercato di predisporre una norma per far capire qual è il nostro intento di visione, tenendo ovviamente conto che siamo in un contesto in cui le casse pubbliche sono già gravate da diverse spese. Questa proposta di legge potrà essere discussa in Parlamento e potranno essere apportate le modifiche che si ritengono opportune. Con il passare degli anni stiamo andando incontro a un sistema totalmente contributivo e presto ci troveremo di fronte al problema di pensioni sempre più basse. Credo che vada aperta una discussione per studiare su un intervento anche su questo tema.
(Lorenzo Torrisi)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI