Caro Direttore,
deve essere uno sport che piace molto ad alcuni sindacati quello di parlare di una realtà che non esiste così da poter gridare “Al lupo! Al lupo!” e trarne le opportune conseguenze (ideologiche) in genere contrarie al Governo (o a questo Governo).
Quale è il caso in questione? Questa volta tocca alla Uil e al suo recente rapporto sul servizio sanitario (“Il Ssn italiano vicino al punto di non ritorno. Ma quanto costerebbe il bisogno di salute se la sanità fosse solo privata?”). E cos’ha fatto che non va questo sindacato? Per sostenere le proprie tesi secondo cui “tutti i provvedimenti dell’esecutivo Meloni in materia di sanità … vanno nella direzione di un rafforzamento della sanità privata a discapito di quella pubblica” ha ipotizzato che i cittadini del nostro Paese siano “costretti a rivolgersi alla sola sanità privata pura”, cioè quella dove le prestazioni sono a totale carico del cittadino, e prendendo come esempio alcune prestazioni sanitarie presenti nei tariffari di alcune strutture private di Lombardia, Lazio, e Calabria, ha calcolato quanto dovrebbero sborsare di tasca propria i cittadini con un servizio sanitario solo privato.
Perché ho detto che è uno sport che piace ad alcuni sindacati? Perché ad agosto 2023 lo stesso esercizio era stato condotto da Anaao-Assomed (“Sai quanto dovresti pagare per curarti se non ci fosse più il Ssn? L’Anaao presenta il conto ombra”), peraltro con alcuni risultati coincidenti.
E perché questo approccio non va bene? Perché è la descrizione di una realtà che non esiste, una realtà inventata al solo scopo di creare preoccupazione e disagio sociale, di prefigurare uno scenario economico per molti non sostenibile e che può indurre nei soggetti più fragili reazioni e comportamenti negativi imprevedibili (qualcuno arriva a usare l’espressione: procurato allarme).
A prescindere dalla valutazione su cosa stia o non stia facendo il Governo, non ho nulla a priori contro questi sindacati e, pur non essendo la mia visione dell’attuale Ssn, trovo legittimo per quanto da me non condiviso il loro sostegno alla tesi di chi ritiene che vi sia un “rafforzamento della sanità privata a discapito di quella pubblica”, ma l’appoggio a questa tesi si deve basare su argomentazioni reali, su serie e documentabili motivazioni, su fatti concreti, e non su un’esplicita falsificazione della realtà per evocare scenari (ideologici) di comodo sociale (perché questo è il caso dei due sindacati).
Capisco che la realtà è un oggetto duro da accettare, soprattutto quando presenta aspetti e caratteristiche che non ci fanno piacere o che vorremmo diverse, ma alla fine (piaccia o no) è sempre la realtà che comanda, e quella del nostro Ssn (per quanto esso possa e debba venir criticato) non è quella falsamente descritta dall’esercizio condotto dai due sindacati.
Per ricordarmi questa necessità di essere sempre fortemente collegato alla concretezza della realtà, e per temperare le esigenze di evasione e fuga che talvolta il mio carattere esprimeva, quando ero ragazzino e abitante del basso varesotto mio papà mi ripeteva spesso un’espressione che, considerati i tempi cui si riferiva, mi piaceva e diceva: “Se mio papà fosse un tram mi porterebbe tutti i giorni a Milano gratis”. Certo i tempi sono cambiati e capisco che oggi quell’espressione non ha più la forza evocativa che aveva allora su di me, ma rimane il fatto che allontanarsi volontariamente dalla realtà prefigurando un mondo che non c’è non è di sicuro un buon segnale, soprattutto se sei un sindacato.
La realtà guida, quindi, ma la realtà può essere cambiata con azioni e interventi adeguati: invece di disegnare una falsa realtà (anche se si tratta, almeno me lo auguro, di una evidente provocazione) sarebbe preferibile indicare le linee di lavoro su cui si deve muovere una riforma dell’attuale Ssn. Si può condividere, come dice il documento della Uil, l’idea che il diritto del cittadino alle cure è un diritto che “va sorvegliato socialmente, rivendicato continuamente e difeso collettivamente”, ma queste sorveglianza, rivendicazione e difesa devono essere saldamente ancorate alla realtà, senza falsificarla per ricondurla ai propri (ideologici) comodi.
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