Christine Lagarde, durante un discorso tenuto ieri nel corso della conferenza “The ECB and its watchers” a Francoforte, ha detto che il target inflazionistico che era stato indicato nel 2003 (al di sotto ma vicino al 2%) andrebbe rivisto, perché “nella situazione attuale di bassa inflazione, le preoccupazioni sono diverse” rispetto ad allora e “questo deve riflettersi nel nostro obiettivo d’inflazione”. Parole che arrivano poche settimane dopo le dichiarazioni di Jerome Powell, Governatore della Fed, pronto a tenere i tassi bassi anche con un’inflazione superiore al 2%. Come ci spiega Mario Deaglio, Professore di Economia internazionale all’Università di Torino, i target inflazionistici sono rilevanti «perché quando si arriva in loro prossimità, le Banche centrali cominciano ad adottare politiche restrittive. Sarà sicuramente importante capire quali saranno le mosse della Bce e le parole di Christine Lagarde nelle prossime settimane sul tema, ma immagino che l’Eurotower voglia poter continuare a mettere in atto una politica espansiva anche se l’inflazione si avvicinasse al 2%».



Possiamo parlare di una svolta?

In realtà al momento non ci sono certo problemi di liquidità. La Bce è disposta ad allargare molto i cordoni della borsa, ma vuole che i flussi siano ben indirizzati verso l’economia reale, a differenza di quanto avviene negli Usa, dove i dollari pompati dalla Fed finiscono sostanzialmente nel circuito finanziario, come del resto vediamo dalle quotazioni di Borsa di questi mesi.



Visto anche quel che accaduto all’ultimo board, c’è chi ritiene che Christine Lagarde non sia all’altezza di guidare la Bce. Lei cosa ne pensa?

È una cattiveria. È vero che non viene da un’esperienza bancaria diretta, ma si è sempre occupata di politica economica e politica vera e propria. Probabilmente si rende anche conto che un’eccessiva politica espansiva può portare a un’inflazione fuori controllo e avere pochi effetti concreti sull’economia reale.

In questo senso sono più efficaci le politiche fiscali dei Governi, come già diceva Draghi.

Sì, quindi io penso che forse la Banca centrale tutto sommato preferisce prestare ai Governi, come di fatto sta facendo, e lo possiamo vedere dall’andamento del nostro spread, che non alle banche cui peraltro in questa fase pochi si rivolgono per fare investimenti. Se questi investimenti passassero attraverso Governi molto attenti, ma che ci mettono una loro garanzia, la Bce sarebbe più contenta.



Come i Governi potrebbero stimolare gli investimenti delle imprese?

Potrebbero offrire alle imprese sconti fiscali, miglioramenti infrastrutturali, in cambio di investimenti. Sarebbe una politica certamente più efficace di quella da helicopter money all’americana, dove tra l’altro poche banconote arrivano a terra, all’economia reale, perché è come se prima venissero risucchiate da un potente aspiratore che le porta al circuito finanziario.

Pensa che, come ha detto il Premier Conte, il Pil italiano possa chiudere il 2020 senza un crollo in doppia cifra?

I dati sono molto a macchia di leopardo e anche contraddittori, perché si va dalla fine della cassa integrazione a Mirafiori, un bel segnale, alla chiusura di esercizi e difficoltà di diverse attività. Avendo guardato i numeri con attenzione sono abbastanza d’accordo col Governo. Ovviamente ci saranno settori che pagheranno un conto salato e altri meno.

Sarà possibile ritornare ai livelli pre-Covid in due anni?

Se le condizioni internazionali non peggiorano dopo le elezioni presidenziali Usa dovrebbe essere possibile. Non credo che in generale si andrà tanto più su, ma in due anni è senz’altro possibile. L’Italia dovrebbe poter fare anche meglio, visto che parte da più in basso.

Ad aiutarci sarà più il commercio internazionale o la domanda interna?

Senza domanda interna siamo purtroppo esposti a tutte le incertezze di una situazione internazionale difficilissima. Dovremo quindi cercare di stimolare la domanda interna ed è per questo che gli investimenti sulle grandi opere sono molto importanti.

Intanto dalla Commissione europea è arrivata la conferma che anche l’anno prossimo le regole del Patto di stabilità e crescita resteranno sospese. Secondo lei, fino a quando dovrebbe durare questa sospensione?

Dipende anche dalla rapidità della ripresa, da fattori internazionali, è difficile rispondere. Meglio che gli economisti non si sbilancino dove non possono fare previsioni. Di certo bisognerà riequilibrare i conti pubblici un poco per volta, non in un colpo solo. Mi auguro che nel frattempo il Paese possa ripetere quanto accaduto nel passato. Nel ’46 la Vespa è stata molto importante per la risalita della nostra economia dopo la guerra. Dovremo poter nuovamente inventare qualcosa che facciamo solo noi. L’impressione è che le forze per farlo le abbiamo, la voglia di rischiare c’è. Però se vengono messi troppi bastoni tra le ruote è chiaro che si preferisce andare a rischiare in un altro Paese.

(Lorenzo Torrisi)