Nel 2022 la disoccupazione in Italia è ai minimi storici e il numero degli occupati e l’export non sono mai stati così alti. Allo stesso tempo, però, l’88% dei nuovi assunti sono stati uomini, solo il 10% delle aziende pratica lo smart working (contro il 20/30% di Francia e Germania e il 30/40% di Uk/Usa), più del 22% della forza lavoro è indipendente (il dato più alto fra i Paesi occidentali). Scarseggiano le grandi imprese e le competenze digitali, mentre aumenta il divario tra il Nord, che resiste, e il Sud Italia, in un quadro complessivo in cui salari e produttività del lavoro non crescono da 30 anni.
A questo si aggiunge che il 40,3% di professionalità risultano di difficile reperimento (nello stesso periodo del 2019, tale quota si attestava al 28,2%. Nei primi mesi del 2023 il mismatch è salito al 47%), in un contesto in cui le nascite sono calate dal 2008 a oggi da 580.000 a 385.000 e in cui i laureati sono appena il 21% della popolazione in età da lavoro.
Quello che emerge è il quadro complessivo di un mercato del lavoro in cui, nonostante una crescita quantitativa generale, anche favorita dagli investimenti del Pnrr, la produttività e i salari non crescono (e quindi nemmeno i contributi per pensioni e welfare) e in cui persistono resistenza all’innovazione, divari di genere, territoriali e contrattuali.
Si lavora di più, ma il lavoro non è spesso di qualità e non si distribuisce in modo equo e produttivo.
Vi sono poi esperienze di frontiera che mostrano come tecnologia, cambiamento demografico e stili di vita delle nuove generazioni stanno cambiando il lavoro, orientandolo verso modelli collaborativi, flessibili e distribuiti tramite piattaforme di lavoro digitale. In particolare. tramite questi strumenti è possibile:
1) frazionare il lavoro in obiettivi e progetti, verificando tempi e risultati, per poi ricomporlo in modo dinamico in posizioni contrattuali di lungo termine;
2) evitare spostamenti inutili a lavoratori e lavoratrici;
3) misurare il valore del lavoro tramite gli obiettivi raggiunti e non il tempo utilizzato;
4) concentrare dati e servizi per generare valore sommando intelligenza umana e artificiale;
5) aumentare la possibilità di collaborazione tra persone e organizzazioni a diverse latitudini;
6) diffondere informazioni e conoscenza in modo sicuro e focalizzato;
7) liberare i lavoratori da vincoli organizzativi favorendo scelte consapevoli e soddisfacenti.
Per alzare la qualità del mercato e modernizzare il mercato del lavoro serve quindi intercettare per tempo le nuove tendenze del lavoro, in particolare la richiesta di maggiore autonomia e flessibilità, con tecnologia e nuovi servizi (politiche attive digitali e altre forme supporto ai lavoratori in piattaforma), utilizzando le potenzialità del modello di lavoro su piattaforma già apprezzate dalle nuove imprese e dai lavoratori nel settore tech.
Per farlo è necessario però anche correggere alcune distorsioni originarie del lavoro digitale (in particolare quegli strumenti utilizzabili solo da autonomi e partite Iva, con meccanismi che comportano gare al ribasso e impiegati solo per esternalizzare singoli task), potenziando invece quelle forme di lavoro di qualità che generano una buona e continua contribuzione, collegando meglio territori e aree svantaggiate, equilibrando il rapporto fra insider e outsider ed evitando un eccessivo isolamento per i lavoratori autonomi.
L’obiettivo “pragmatico” di una maggiore diffusione e stabilizzazione del lavoro su piattaforma è innanzitutto di semplificare le attività in ambito Hr, amministrativo e di coordinamento delle prestazioni, stimolando la diffusione della conoscenza e lo scambio di informazioni all’interno delle organizzazioni, tra le organizzazioni (in particolare pmi), tra territori, a favore dei lavoratori (in particolare autonomi) e verso gli enti di controllo, in questo modo permettendo ad aziende e lavoratori di focalizzarsi maggiormente sulle attività ad alto valore aggiunto, sviluppando nuove capacità e competenze.
L’obiettivo però più ambizioso è di sfruttare le potenzialità della tecnologia e del modello “a piattaforma” per far evolvere l’organizzazione, la struttura ed esperienza del lavoro, sia pubblico che privato, in modo da adattarla meglio alle nuove necessità economiche, sociali e ambientali, favorendo una maggiore qualità dei servizi, produttività e bilanciamento vita-lavoro. Questo importante percorso di semplificazione e di sviluppo di nuove modalità di lavoro va in parallelo con lo sviluppo della componente di Ai, con la certificazione dell’identità digitale lavoratori e aziende, con la corretta gestione dai dati e con la misurazione dello stress psicologico del lavoro su piattaforma.
Se infatti la transizione al lavoro digitale, tramite piattaforme, ha motivazioni economiche importanti (produttività, innovazione, attrazione di talenti e investimenti, sviluppo di tecnologia), sono ancora più importanti i potenziali vantaggi ambientali e sociali.
Questo cambiamento, per diventare mainstream (il settore delle start-up, delle aziende Tech e Ict a cui si rivolgono le piattaforme è in forte crescita e conta potenzialmente più di 2 milioni di addetti e più di 100.000 aziende. Questo settore necessità e necessiterà ancora di più nel prossimo futuro di strumenti, modalità di produzione e di regolazione dei rapporti di lavoro innovativi che favoriscano flessibilità operativa, rapidità di esecuzione, lavoro di qualità, formazione continua, politiche attive e inclusione), ha necessità di supporto politico e istituzionale, tramite gli opportuni investimenti e interventi normativi (oggi le piattaforme non hanno una chiara definizione giuridica assomigliando in parte alle agenzie per il lavoro, in parte ai raggruppamenti di imprese a rete, in parte alle filiera di appalti e in parte alle cooperative), e di aziende e manager illuminati che sappiano sperimentare e innovare, anticipando trend e fenomeni sociali.
Al cuore di questa transizione ci sono dei nuovi patti sociali partecipativi di produzione da stabilire con le parti sociali più interessate a rappresentare queste nuove forme di lavoro, che abilitino organizzazioni flessibili e adattabili, all’interno di ecosistemi integrati, liberando creatività, competenza e autonomia delle persone. Le piattaforme sono gli strumenti di questa innovazione manageriale e gestionale, volta a innalzare la produttività del lavoro, l’inclusione, l’attenzione ai temi sociali (per esempio, natalità) e ambientali.
Vedere il nuovo, saperlo ascoltarlo e costruirlo prima degli altri con politiche di sistema, capacità tecnica e visione industriale è anche in questo caso l’elemento strategico più importante per costruire il futuro senza subirlo.
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