L’Italia conta oggi oltre 32.000 strutture alberghiere: è il più grande mercato europeo per offerta turistica. Lo certifica la recente indagine Italian Hospitality Market, lo studio Deloitte che analizza il settore dell’hospitality in Italia attraverso il sentiment e le strategie di investitori, gruppi alberghieri e general manager del settore. Un report da cui, su tutti, emerge un dato fondamentale: nel 2023 si prevedono oltre 100 milioni di investimenti nel settore. Per le strutture alberghiere italiane, dunque, le previsioni sono positive (anche se necessitano di un “tagliando”): oltre il 40% di esse si aspetta una crescita di fatturato tra il 3% e il 12% entro l’anno. Ma quali sono le tendenze in atto nel settore, e quali le aspettative per i differenti operatori? Deloitte lo ha chiesto ad oltre 400 attori dell’industria alberghiera italiana, divisi tra investitori, gruppi di hôtellerie e manager delle singole strutture.



Investitori (campione composto per il 63% da europei, il 20% da extraeuropei, in particolare Stati Uniti; il 74% è composto in egual misura da investitori istituzionali e operatori di private equity, il 15% da developer e il restante 11% da HNWI, High Net Worth Individual e family office). Hanno evidenziato un livello di interesse abbastanza equilibrato in termini di aree geografiche: 58% nelle regioni del Nord e del Centro e il 46% per aree del Sud e delle isole. L’interesse per l’Italia è molto alto: quasi il 90% del campione intervistato vuole investire nel nostro Paese, con particolare focus verso le aree del Nord Italia. L’interesse maggiore è generato da hotel situati in città primarie e in località marittime, seguite dai laghi, con preferenze rispettivamente del 88%, 67% e 38%. Una buona parte ha intenzione di destinare oltre la metà del proprio capitale a disposizione al mercato alberghiero; circa il 74% preferisce concentrarsi su acquisizioni di hotel in vacant possession. Il trend è orientato prevalentemente verso investimenti nei segmenti di mercato di alta gamma: circa il 68% ha mostrato maggiore interesse verso alberghi di fascia alta (segmenti upper- upscale, premium e luxury). I principali ostacoli per investire in Italia sono legati ai prezzi degli asset, al costo del debito e alla burocrazia, al deterioramento delle condizioni di credito, all’aumento dei costi energetici e all’inflazione. Cresce l’attenzione sulla sostenibilità ambientale, ma la maggior parte ritiene che l’industria alberghiera italiana non stia ancora facendo abbastanza su tali aspetti.



I gruppi di hotellerie (campione composto per il 56% da gruppi alberghieri europei, per il 26% statunitensi, il restante 18% da gruppi da Cina e Medio Oriente). L’83% degli operatori è già presente nel mercato italiano, con un numero complessivo di circa 360 strutture alberghiere operative. Quasi la totalità (91%) ha espresso di voler espandere la propria presenza sul territorio, e prevede l’apertura di 170 nuovi alberghi nei prossimi tre anni. Le aree geografiche di maggiore interesse sono Sud & Isole e Centro Italia, entrambe con una percentuale pari all’86%, seguite dal Nord con il 74%. I modelli gestionali maggiormente adottati risultano essere la gestione diretta e il management contract (entrambi al 33%). Quest’ultimo, in particolare, si contraddistingue rispetto agli altri per essere la modalità preferita per le gestioni future da parte dei gruppi intervistati, con il 38% di preferenze. Per quanto riguarda le destinazioni, l’interesse maggiore è rivolto verso asset alberghieri situati nelle città primarie e in località marittime, seguite dai laghi, con preferenze rispettivamente del 90%, 76% e 52%.



I direttori (campione distribuito principalmente nel Nord Italia, 62%, in particolare Lombardia e Veneto, mentre il 18% è situato nelle regioni del Centro, soprattutto nel Lazio; il rimanente 13% nelle aree del Sud & Isole, prevalentemente Sicilia e Puglia; il 94% degli hotel oggetto di indagine appartiene alla categoria 4 e 5 stelle). Quasi il 70% del campione di indagine ritiene che l’attuale offerta alberghiera italiana sia satura, mentre il rimanente 30% vede ancora spazio per l’apertura di nuovi hotel. Il 90% degli intervistati ritiene che la qualità degli hotel in Italia sia ottima. Dalle previsioni di fatturato alberghiero per il 2023, è emerso che il 42% stima una crescita compresa tra il 3-6%, mentre il 30% prevede un aumento compreso tra il 7-12%. In termini di occupancy (percentuale di occupazione camere) l’82% prevede di avere un tasso di occupazione compreso tra il 51% e l’80%. Per quanto riguarda la crescita, circa il 72% del campione si aspetta di vedere l’occupazione delel camere salire fino al 12% nel corso del 2023. In termini di ADR, prezzo medio per camera, poco meno del 50% prevede una media per il 2023 superiore a 150 euro. Oltre il 65% delle strutture ha investito in soft capex (ristrutturazione leggere) negli ultimi 2 anni, mentre circa il 55% ha svolto hard capex (ristrutturazione pesante) negli ultimi 4/5 anni. Tuttavia, in termini di sostenibilità ambientale, il 57% del campione di indagine ritiene che ancora non si stia facendo abbastanza.

Le conclusioni. Secondo Deloitte, il settore si trova di fronte a un momento positivo, in cui convergono gli interessi di tutti i player coinvolti: gli investitori pronti a destinare importanti capitali al mercato alberghiero italiano, i gruppi sempre più intenzionati a espandersi nel Paese e i direttori dei singoli hotel che vedono con grande ottimismo l’aumento delle performance gestionali nei prossimi anni. Ci sono tutti i presupposti affinché le strutture italiane possano migliorare la propria competitività con i player più importanti a livello mondiale. La vera sfida per l’industria alberghiera italiana consiste adesso nel rinnovare e adeguare l’offerta turistica agli standard internazionali di sostenibilità, insieme all’obiettivo di conquistare maggiori quote di mercato nel segmento del lusso. È questo il tagliando da fare al più presto.

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