Il 23 aprile è stato approvato dal Consiglio dei ministri il disegno di legge (Ddl) sull’Intelligenza artificiale (IA) al fine «di supportare lo sviluppo di imprese operanti nei settori dell’intelligenza artificiale, della cyber sicurezza, del calcolo quantistico, delle telecomunicazioni e delle tecnologie per questa abilitanti, anche tramite la creazione di poli di trasferimento tecnologico e programmi di accelerazioni operanti nei medesimi settori».



Il Ddl è solo il primo, nelle intenzioni del Governo, di una serie di provvedimenti specifici i quali dovranno essere attuati nei prossimi dodici mesi. L’intento generale è quello di fornire una cornice normativa per l’utilizzo di una tecnologia general purpose, dunque, ubiquitaria qual è tipicamente quella dell’IA.



Durante la conferenza stampa è stato sottolineato da Alessio Butti, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, che quello italiano è il primo Governo ad aver legiferato in materia subito dopo l’approvazione dell’AI Act, peraltro con uno strumento come il Ddl perché il presidente del Consiglio Meloni desidera che sulla materia vi sia un confronto effettivo a livello parlamentare. Del resto, era stato lo stesso Premier a illustrare i piani del Governo con un videomessaggio al convegno “L’intelligenza artificiale per l’Italia” del 12 marzo scorso.



La centralità assunta dalla transizione digitale apportata soprattutto dall’IA generativa – esemplificata da ChatGPT di OpenAI, Copilot di Microsoft e Gemini di Google – ma tendenzialmente anche dalle tecnologie quantistiche e dalla cyber security, impone una sua stringente regolazione istituzionale, anche all’interno di un quadro internazionale. In questo senso, si comprende assai bene come il Presidente Meloni abbia voluto farne un punto qualificante della Presidenza italiana del G7.

Per questa ragione appare necessario che anche l’Italia si doti di una cornice normativa, necessariamente non ancora compiuta, e in fase di progressiva realizzazione, finalizzata a monitorare e accompagnare i progressi nell’implementazione dell’IA e soprattutto a rafforzarne accesso, tutele e garanzie per imprese, lavoratori e consumatori finali al fine di mitigarne i rischi, derivanti da una sua veloce diffusione. Una precondizione essenziale è la cyber sicurezza dei modelli e sistemi di IA. È sempre più diffuso, infine, il crescente timore che questi sistemi possono porre, a breve termine, quali risposte discriminatorie, allucinazioni, eccessiva semplificazione di questioni complesse così come i gravi rischi a lungo termine quali la frammentazione del corpo sociale attuata mediante disinformazione, teorie cospiratorie, contenuti falsi e dannosi fino alla produzione di virus informatici. A questo riguardo, nel Ddl viene introdotta una nuova fattispecie di reato derivante dall’illecita diffusione di contenuti generati o manipolati con sistemi di IA (per i deepfake, carcere da 1 a 5 anni per chi cagiona un danno ingiusto). In ultimo, si deve salvaguardare lo svolgimento, con metodo democratico, della vita istituzionale e politica.

Di converso, vale anche cercare di diffondere, in maniera equa e inclusiva, i benefici dell’IA in tutto il corpo sociale. Ovvero, implementarne una sua spiccata dimensione antropocentrica, nel cercare di minimizzarne i rischi di non discriminazione insieme a quelli di non esclusività della decisione algoritmica. In ambedue i casi, l’elemento umano (“human in the loop“) rimane centrale ai fini di un utilizzo corretto, trasparente e responsabile, volto a coglierne tutte le opportunità di sviluppo sociale ed economico.

Dal punto di vista dell’ulteriore sviluppo del sistema produttivo, nel Ddl viene autorizzata «fino all’ammontare complessivo di un miliardo di euro l’assunzione di partecipazione nel capitale di rischio direttamente o indirettamente» di PMI con elevato potenziale di sviluppo le quali operano nelle tecnologie dell’IA, della cyber sicurezza e del calcolo quantistico per queste abilitanti, nonché nel settore delle comunicazioni con particolare riferimento al 5G e alle sue evoluzioni. Appare chiaro, dunque, che lo sviluppo dell’IA deve essere considerato come un’opportunità chiave per aiutare le imprese a migliorare e a preservare la competitività del tessuto imprenditoriale italiano.

Il Ddl si compone di 26 articoli che toccano diversi ambiti settoriali (Capo II), quali quelli elencati qui di seguito, seppure in maniera non esaustiva, nei quali l’IA viene consentita e promossa:

1) Sanità, nel supportare i processi di prevenzione, diagnosi e scelta terapeutica senza sostituire il giudizio medico così come nella creazione di una piattaforma digitale da parte di Agenas. I sistemi e i dati utilizzati devono essere affidabili, verificati e aggiornati regolarmente;

2) Pubblica amministrazione, nel ricercare l’efficienza, nel ridurre i tempi di definizione dei procedimenti e nell’aumentare la qualità e la quantità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese, assicurando agli interessati la conoscibilità e la tracciabilità del suo utilizzo. In ogni caso, l’adozione di ogni provvedimento amministrativo permane nella responsabilità dei funzionari e dirigenti incaricati;

3) Lavoro, nel miglioramento delle condizioni di lavoro, nella tutela dell’integrità psico-fisica dei lavoratori, nell’accrescimento della qualità delle prestazioni lavorative e della produttività. Viene istituito, presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, l’Osservatorio sull’adozione di sistemi di IA nel mondo del lavoro;

4) Giustizia, nell’organizzazione e semplificazione del lavoro giudiziario, nella ricerca giurisprudenziale e dottrinale, mentre la decisione sull’interpretazione della legge, sulla valutazione dei fatti e delle prove rimane in capo al magistrato;

5) Professioni liberali, nelle attività strumentali e di supporto mentre il lavoro intellettuale umano, oggetto della prestazione d’opera, rimane quello centrale;

6) Copyright, nell’apposizione di un segno di identificazione su qualsiasi tipo di contenuto che sia realizzato o modificato con AI (watermark);

7) Minori, nella richiesta del consenso dei genitori per i minorenni di 14 anni mentre per i minorenni tra 14 e 18 anni si può esprimere il consenso per il trattamento dei dati personali (privacy);

8) Istruzione, nella promozione di piani didattici personalizzati per studenti con alte capacità cognitive;

9) Sport e giovani, nel miglioramento del benessere psicofisico attraverso l’attività sportiva nonché nell’organizzazione generale delle attività sportive;

10) Disabilità, nel pieno accesso alle relative funzionalità o estensioni, su base di uguaglianza senza alcuna forma di discriminazione e di pregiudizio.

A livello di governance istituzionale le Agenzie deputate al monitoraggio e sanzione sono l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) per i rispettivi compiti mentre rimangono immutate le competenze, i compiti e i poteri del Garante per la protezione dei dati personali.

In conclusione, da un’iniziale e veloce disamina del Ddl, si può trarre come indicazione sintetica quella che mediante la sua approvazione si sia cercato di rappresentare un non sempre facile equilibrio tra innovazione tecnologica e protezione dei diritti individuali e collettivi. È altresì chiaro, sia al Governo che a tutti i decisori pubblici, ché se è vero che l’IA inaugura nuove prospettive di crescita economica essa presenta anche notevolissimi rischi etico-sociali. La soluzione ricercata nel Ddl è, pertanto, quella di riconoscere il contributo rivoluzionario che l’IA può apportare all’economia e alla società attuale, ma di concentrarsi anche sulla neutralizzazione del rischio attraverso una gestione responsabile dell’IA, considerata nella sua dimensione antropocentrica e nell’allinearsi ai valori umani, perenni e fondativi, della civiltà occidentale. Molto, nondimeno, deve essere ancora approfondito ed elaborato, sia in sede di mentalità collettiva che di regolamentazione istituzionale.

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