Zlatan Ibrahimovic ha fede, ma solo in sé stesso. Non esce a cena con i compagni per non metterli in imbarazzo con il suo carisma, regola sempre i conti in sospeso, ma solo in campo. In una lunga intervista concessa al Corriere della Sera Ibra ha srotolato le sue tavole delle leggi e ha fatto capire come può funzionare la mente di un fuoriclasse a 40 anni. “Il corpo cambia e tu devi cambiare modo di giocare con lui“, racconta anche nel suo nuovo libro, “Adrenalina“, più che una biografia un “Essere Zlatan Ibrahimovic” sulla falsariga del film di Spike Jonze. “Mio padre durante la guerra in Jugoslavia riceveva la notizia di un lutto al giorno“, racconta di quando era solo un ragazzo nel ghetto di Malmoe, figlio di madre croata cattolica e padre bosniaco musulmano. Il genitore l’ha visto piangere solo una volta, di fronte alla tomba del fratello morto di leucemia. “La stessa malattia di Mihajlovic, che in campo era un provocatore ma lo faceva per far vincere la sua squadra. Quando si è ammalato ho pensato di andare al Bologna per lui.



Così come ha pensato di andare a Napoli prima che De Laurentiis cacciasse Ancelotti, quando ha chiesto a Mino Raiola: “Qual è la squadra messa peggio? Il Milan che ha perso a Bergamo 5 a 0? Allora è deciso?” Il suo ritorno in Italia è nato così, Ibra di dubbi ne ha sempre avuti pochi e ne ha ancora meno sul suo chiacchierato procuratore. “Quando mi sono rotto il ginocchio sembrava finita, lui in 4 giorni mi ha fissato un appuntamento col più importante chirurgo del mondo, Freddie Fu“. Un luminare che riceve con mesi di attesa, ma per Ibra era davanti al suo ospedale ad attenderlo a Pittsburgh alle 4 del mattino.



“OGNI EMOZIONE SVANISCE DI FRONTE AD UN FIGLIO”

Se c’è un faro nella vita di Zlatan Ibrahimovic è la moglie Helena: più grande, madre dei suoi figli Maximilian e Vincent: “Qualunque emozione nella vita svanisce di fronte alla nascita di un figlio“. Forse perché Zlatan sa quanto sia difficile crescere: “Appena nato l’infermiera mi ha fatto cadere da un metro d’altezza: ho continuato a soffrire a scuola, diverso dagli altri: ma non ho mai odiato nessuno, l’odio è un sentimento impegnativo.” I problemi si risolvono in campo, sempre: una testata a Mihajlovic, con cui ha cantato “Io vagabondo” sul palco dell’Ariston a Sanremo. Il legame nato con Gennarino Gattuso, infilato nella spazzatura per la testa perché chiamava Ibra “brutto slavo”. E la rovesciata agli inglesi da 30 metri con la Svezia, contro gli avversari che lo accusavano di non segnare mai contro di loro, di essere un campione d’acqua dolce. Il campo è il campo, in pochi non lo capivano: come Materazzi, “entrava per fare male. Anche Paolo Maldini sapeva farlo, ma solo se voleva“.



E Romelu Lukaku, che non accettò una scommessa in Inghilterra: 50 sterline per ogni stop azzeccato. Da lì è nata un’acredine sfociata in quel derby: “L’ho colpito nel suo punto debole: i rituali della mamma. E lui ha perso il controllo. Anche se mi è rimasto un dubbio atroce: quel derby l’abbiamo perso. Io sono stato espulso. Poi mi sono infortunato. Sono successe un sacco di cose storte. Vuoi vedere che il rito Lukaku me l’ha fatto davvero? Così ho chiesto agli amici credenti di pregare per me. Devo saldare il conto anche con lui. Spero di incontrarlo presto.” Perché lui, Ibra, non è credente? “No. Credo solo in me stesso.