Il giurista Pietro Ichino, tra i più autorevoli avvocati del lavoro ma anche ex parlamentare del Pd, ha parlato dello sciopero indetto da Cgil e Uil per la giornata di domani e oggetto di parecchi scontri nel corso degli ultimi giorni. Particolare scalpore l’ha fatto, tra le altre cose, la precettazione fortemente voluta da Matteo Salvini e che ha portato ad una riduzione dell’orario di mobilitazione nel settore dei trasporti che durerà solamente 4 ore.

Circostanza, quella della precettazione, fortemente criticata dai sindacalisti, ma che secondo Ichino non infrange alcuna norma costituzionale. Lo scontro, però, spiega il giurista “serve a entrambi per riprendersi la scena. Salvini in seno alla maggioranza, Landini come vero leader dell’opposizione”. Tuttavia, rimane vero che “il ministro ha il potere” di precettazione, “e il garante gliene ha offerto un buon motivo, negando che quello di domani possa considerarsi sciopero generale“. La ragione per cui la precettazione è possibile, spiega Ichino, è legata proprio alla generalità dello sciopero,  non ci sarebbe nessuna “questione di costituzionalità, dato che è la stessa Costituzione, all’articolo 40, a prevedere che sia la legge ordinaria a disciplinare l’esercizio del diritto di sciopero”.

Ichino: “Lo sciopero dei trasporti è strumentale”

Continuando il suo ragionamento sullo sciopero, il giurista Ichino ci tiene a specificare che più di parlare di costituzionalità e precettazione, ci si dovrebbe chiedere “per quale motivo [Cgil e Uil] tengono tanto a che lo sciopero blocchi i trasporti pubblici per due giornate”, quando negli altri settori si farà “solo una volta nell’arco delle prossime settimane”. Una decisione che lui ritiene essere strettamente strumentale e rispondere proprio a quell’ambizione generale dello sciopero.

Infatti, spiega Ichino, “se i trasporti pubblici sono paralizzati, tutti sono impossibilitati ad andare al lavoro: anche coloro che non aderiscono”. Risponderebbe, insomma, all’esigenza di “sostegno tecnico allo sciopero negli altri settori”, ma che finisce per ledere “la libertà di autodeterminazione delle persone e il loro diritto al lavoro: anch’essi costituzionali”. Inoltre, il giurista trova singolare che “in Italia sul totale degli scioperi, due terzi riguardano il settore dei trasporti pubblici”. Infatti, spiega Ichino, “in questo settore non produce alcun danno al datore di lavoro, al contrario: gli abbonamenti non si riducono [ma] si azzerano i costi per retribuzioni, carburante, energia e usura dei messi. Per l’impresa è una boccata di ossigeno”, mentre “il danno è a carico dei viaggiatori, della collettività”.