L’ictus cerebrale è la terza causa di morte in Italia dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, nonché la seconda causa di demenza e la prima di invalidità. Lo sottolinea il Corriere della Sera precisando che ogni anno quasi 100mila italiani ne vengono colpiti, e la metà di coloro che sopravvivono rimane in vita con disabilità gravi. Ad oggi sono circa un milione le persone che sono riuscite a superare un ictus ma il numero è in crescita sia per via del progressivo invecchiamento della popolazione, sia perchè stanno migliorando le terapie per curare questa patologia.
Secondo il World Stroke Organization-Lancet Neurology Commission, entro il 2050 avremo 9,7 milioni di morti per ictus soprattutto in quei Paesi a basso o medio reddito, quindi un dato superiore del 50 per cento rispetto al 2020, con costi pari a 2,3 trilioni di dollari. «Otto casi di ictus su 10 potrebbero essere evitati intervenendo su condizioni modificabili, seguendo dunque stili di vita adeguati» precisa Andrea Vianello, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale).
ICTUS, CHI SOFFRE DI FIBRILLAZIONE ATRIALE È A RISCHIO: COME CONTRASTARLO
Numerose le iniziative pre prevenire l’ictus, come ad esempio un’alimentazione bilanciata e corretta, controllare la pressione arteriosa ma anche colesterolo e glicemia, consumare poco alcol. A riguardo viene consigliata una buona dieta con poco sale, ma ovviamente, nei casi più gravi, bisogna rivolgersi al proprio medico curante per una terapia. Fra i fattori di maggiori rischio, come sottolinea il Corriere della Sera, vi è anche la fibrillazione atriale, aritmia cardiaca, che è solitamente sottostimata e che nel nostro Paese colpisce un milione di persone causando il 20 per cento degli ictus ischemici.
Si tratta del battito cardiaco irregolare e spesso accelerato che colpisce il 10 per cento delle persone di età superiore agli 80 anni. Chi soffre di questa patologia ha ben 4 volte in più la possibilità di subire un ictus cardioembolico, che solitamente è molto invalidante in quanto l’embolo che parte dal cuore chiude le arterie maggiori, causando un danno ischemico al cervello. Si tratta di una forma di ictus che solitamente comporta il 30 per cento di mortalità nei primi tre mesi dall’evento, mentre lascia invalidanti il 50 per cento dei pazienti.
ICTUS, CHI SOFFRE DI FIBRILLAZIONE ATRIALE È A RISCHIO: IL COMMENTO DEL DOTTOR TONI
«Il rischio di andare incontro a fibrillazione atriale aumenta in modo rilevante di pari passo con l’aumentare dell’età e di conseguenza aumenta anche il rischio di ictus correlato a questo fattore di rischio» precisa il professore Danilo Toni direttore dell’Unità “Trattamento Neurovascolare” al Policlinico Umberto I di Roma e presidente del Comitato tecnico-scientifico di A.L.I.Ce Italia. E’ fondamentale segnalare al medico con tempestività delle palpitazioni cardiache di modo da intervenire il prima possibile e ridurre il rischio di ictus.
«Per bloccare la fibrillazione atriale e riportare il cuore a un ritmo normale, in particolare nei pazienti più giovani, ma in realtà non solo, è possibile procedere anche con l’ablazione cardiaca – spiega il professor Toni -. La procedura consiste in “bruciature” in corrispondenza del punto in cui le vene polmonari entrano nel cuore perché è da lì che hanno inizio i ritmi di fibrillazione atriale. Non sempre l’intervento è definitivo: c’è sempre una quota di pazienti che deve sottoporsi più di una volta al trattamento».