L’ictus è una patologia tempo-dipendente e ogni minuto può fare la differenza. Netta Paola Santalucia, presidente eletto ISA-AII, Associazione italiana ictus, ai microfoni di Repubblica: “L’ictus ischemico è quella situazione in cui si chiude un vaso per un trombo. Il vaso dava sangue a un’area di cervello, ma nel momento in cui si chiude un vaso, c’è una parte di cervello muore immediatamente. In alcuni pazienti è piccola, in altri pazienti è più grande”.



L’esperta ha poi proseguito la sua analisi: “Intorno a questa parte di cervello già morta, c’è una parte che sta soffrendo e ha bisogno estremo di sangue. Necessita di dare afflusso nel più breve tempo possibile. Se hai lo 0 per cento di afflusso di sangue nell’area che muore, è tra il 15 e il 40 per cento nell’area che sta soffrendo. Quindi dobbiamo dare più sangue possibile all’area di penombra. Ecco perchè è tempo-dipendente: più tempo passa, più cervello muore”.



Paola Santalucia sull’ictus

Ogni singolo minuto può fare la differenza, dicevamo, e Paola Santalucia ha rimarcato che la morte cerebrale è stata quantificata negli studi scientifici: “Abbiamo un’evidenza data dagli studi di neuro-immagini. Uno studio pubblicato nel 2006 è diventato nostro riferimento nella pratica clinica: in un minuto muoiono due milioni di neuroni, ossia tre settimane di vita per la persona colpita da ictus. Quando il paziente arriva all’attenzione medica, non si può perdere neanche un minuto”. Poi sulla cosiddetta “golden hour”: “Nell’ora d’oro in cui si può intervenire, muoiono un quantitativo tale di neuroni che corrisponde a tre anni e mezzo di vita a quella persona. Ognuno di noi nella catena del soccorso, dal territorio in poi, può fare la differenza”.

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