Il rischio di ictus aumenta fino al 13% a causa della cattiva alimentazione. A dimostrarlo, come riportato dal Daily Mail, è stato uno studio condotto dalla Columbia University. Il team, in particolare, si è soffermato su coloro che vivono nelle cosiddette “food swamp”, letteralmente paludi alimentari. Il termine è stato coniato più di un decennio fa per definire le comunità in cui sono presenti grandi quantità di catene di fast food e negozi che vendono cibo non salutare.
I ricercatori hanno analizzato i dati di quasi 18.000 persone che vivono negli Stati Uniti, suddividendole in due categorie attraverso un “indice dell’ambiente alimentare al dettaglio”, che indica se qualcuno vive o meno in una “palude alimentare”. Un rapporto superiore a cinque significava che c’erano cinque volte il numero di rivenditori di alimenti malsani, come minimarket, fast-food e ristoranti, rispetto a quelli sani come negozi di alimentari e mercati degli agricoltori. Quasi tre quarti del campione viveva in una “palude alimentare”.
Ictus, rischio del +13% per cattiva alimentazione: lo studio
È emerso dallo studio condotto dalla Columbia University negli Usa che gli adulti di età pari o superiore a 50 anni che vivevano in una “palude alimentare” e dunque erano più propense ad una cattiva alimentazione avevano un rischio più alto del 13% di avere un ictus nel corso del periodo di studio di sei anni. La prevenzione in tal senso è dunque d’obbligo per preservare la propria salute.
“Una dieta malsana ha un impatto negativo sulla pressione sanguigna, sulla glicemia e sui livelli di colesterolo che aumentano il rischio di ictus. Vivere in un quartiere con un’abbondanza di scelte alimentari sbagliate può essere un fattore importante da considerare per molte persone”, così Dixon Yang, autore principale dello studio statunitense, ha commentato i risultati nel corso della presentazione alla conferenza all’International Stroke dell’American Stroke Association, a Dallas.