La nota attrice Ida Di Benedetto è stata protagonista di una bella intervista ai microfoni de La Verità, in occasione del suo ritorno nelle sale cinematografiche dopo qualche anno di assenza con la pellicola Gli altri, tratto dall’ultimo romanzo di Michele Prisco. Quel romanzo, uscito nel 1999, le è stato regalato anni fa: «Con un invito: “Non lo leggere ora perché non è adatto, quindi devi aspettare molto te mpo”. Ogni tanto me lo vedevo davanti ed ero presa dalla curiosità, poi lasciavo perdere per via della promessa. Quando finalmente l’ho letto, prima del previsto, mi è piaciuto e ho conservato questa storia dentro di me, finché ho cominciato a lavorarci insieme a due sceneggiatori, Dino e Filippo Gentili». Ha anche deciso di produrlo: «La produttrice non è separata dall’attrice: in Italia fanno queste separazioni assurde. Con la mia casa di produzione, la Titania, ho prodotto delle cose magnifiche con personaggi straordinari, da Dante Ferretti a Vittorio Storaro, fino a Luis Bacalov. Ho sempre voluto il meglio per i miei film». Sui suoi esordi sul grande schermo con Schroeter: «Mi ha tolto la patina teatrale, avendo cominciato da poco a fare l’attrice. Si era fissato dopo aver visto una mia foto, ma io ero in tournée. Quando ci siamo finalmente incontrati, ha detto, guardandomi fisso negli occhi: “Io voglio te”». E nel film successivo dovette recitare in tedesco: «Ho imparato a memoria le le battute – racconta ancora Ida Di Benedetto – però la lingua mi era familiare perché parte della mia famiglia paterna era un po’ tedesca, un po’ austriaca. Da loro ho preso la precisione e la puntualità, il prendere sul serio le cose, imparare a essere obbedienti ai maestri».



Il nord Europa ma anche un’anima napoletana: «Viene dalla famiglia materna, ma pure mio padre era napoletano. Mia madre era un’artista, suonava il pianoforte, la chitarra e il mandolino». Il padre Renato invece era un costruttore: «Pieno di fantasia. Scriveva di eventi culturali sulla terza pagina del Ro – ma, con lo pseudonimo Redi, e ha scritto anche su una rivista di Giovannino Guareschi. Era un uomo che aveva del talento, sicuramente ho preso da tutti e due». Ida Di Benedetto racconta come fin da piccola volesse fare l’attrice: «Vicino casa c’era un cinema e io, verso i cinque anni, già scappavo lì: dovevo bussare alla cassa per farmi notare, tanto ero piccola! Vedevo ogni film due volte e mio padre impazziva dal dolore perché non mi trovava». E tornando a Napoli, Ida Di Benedetto è stata vittima di una rapina a settembre proprio nella sua città: «Pensavo che da napoletana arrivata a certi livelli cinematografici fossi addirittura intoccabile. Non mi riconosco più nella mia città. Tornerò a vivere a Roma. Mi mancherà il mare. Il bellissimo titolo del libro di Anna Maria Ortese Il mare non bagna Napoli, che sembrava un po’ incomprensibile, oggi cade proprio a fagiolo: la bellezza di questo mare non bagna Napoli perché la città si è perduta, inseguendo eroi negativi, ma pur sempre considerati eroi. Come gli eroi di Gomorra».



IDA DI BENEDETTO: “MI INCURIOSIVA LAVORARE CON MARIO MEROLA…”

A Napoli aveva anche lavorato con il mito Mario Merola: «Mi incuriosiva Mario Merola, adorato da tutti, e volevo scoprire perché era diventato un fenomeno. I fenomeni popolari diventano inevitabilmente fenomeni culturali e vanno studiati. Era una persona deliziosa. Mi ha trattato meglio di Andrea Camilleri…». E qui aggiunge: «Sono andata a Todi al vernissage di una mostra di uno sculture siciliano, amico dello scrittore, anche lui presente. Mi sono avvicinata per presentarmi: “Scusi, permette, mi chiamo Ida Di Benedetto…”. E lui: “E sei cretina!”. “Che ho fatto?”. “Ma come ca… non ti ricordi che abbiamo lavorato insieme: tu hai fatto con me la televisione, hai fatto con me la radio, ma dove ce l’hai il cervello?!”. Aveva un’altra fisionomia quando lo avevo conosciuto molti anni prima che diventasse celebre e non l’avevo associato. Gli chiesi perdono. Avevo rimosso il grande Camilleri».

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