Il Covid è una malattia altamente contagiosa. E questo è un male. Ma è proprio questo il suo punto debole”. A sostenerlo è Luigi Cavanna, che insegna clinica medica all’università di Parma e Piacenza. Ha quattro specializzazioni, è autore di oltre 250 lavori scientifici e dirige il dipartimento di oncoematologia dell’ospedale di Piacenza. Dunque, si occupa di tumori, ma il suo lavoro è stato fondamentale nella cura del Covid. Con l’aiuto del caposala Gabriele Cremona, e d’accordo con la direzione, ha smesso di aspettare che i pazienti arrivassero in condizioni gravi in ospedale e li ha curati a casa prima che fosse troppo tardi. Dei 300 pazienti di cui si è occupato, meno di una quindicina sono finiti in ospedale. Ma comunque sono tornati a casa. Nessuno è morto. Come evidenziato da La Verità, nella sua borsa c’erano sempre farmaci, un dispositivo per l’ecografia del torace, saturimetri per i pazienti, tamponi e provette per i prelievi. La sua cura era a base di idrossiclorochina due volte al giorno più un antivirale per almeno una settimana. In alcune situazioni antibiotico e cortisone, e l’eparina sottocute se necessario. Portavano anche l’ossigeno se serviva. Ora è di nuovo in trincea, anche se la guerra non è mai finita per lui.



CAVANNA: “GUERRA OMS E AIFA A IDROSSICLOROCHINA”

A differenza dei mesi scorsi, il professor Luigi Cavanna ora non viene colto di sorpresa dal Covid. “È prevedibile come tutte le malattie infettive”, ha spiegato a La Verità. Quindi, ha imparato che la cura deve essere “immediata e precoce”, perché così “il Covid non evolve, anzi involve in quelle polmoniti interstiziali che poi necessitano di terapie intensive”. Il problema per Cavanna è che il dibattito si focalizza sull’ospedalizzazione, quando basterebbe curare – e bene – le persone a casa per evitare la pressione sugli ospedali. “Più aumentano i pazienti Covid negli ospedali, minori sono le possibilità di cura per i pazienti affetti da patologie ben più gravi che non possono aspettare”. Ma il “metodo Piacenza”, come è stato ribattezzato (ed è finito pure sul Times), non è purtroppo replicabile ora. “Prima l’Oms, poi l’Agenzia italiana per il farmaco ha vietato l’idrossiclorochina, se non per finalità sperimentali. Quindi la base portante del nostro protocollo terapeutico non esiste più”. Questo a causa di quello studio pubblicato da The Lancet che ha fatto scalpore ed è stato poi ritirato. Gli Stati Uniti però hanno reinserito la clorochina nei loro protocolli.



Peraltro, è un metodo economico, perché l’idrossiclorochina costa 4 euro a confezione con cui si riescono a curare due persone. “L’utilizzo precoce dell’idrossiclorochina, soprattutto nelle fasi iniziali, abbassa notevolmente i tassi di mortalità”, ha aggiunto il professor Luigi Cavanna a La Verità. E ha citato lo studio a cui hanno lavorato anche professionisti italiani e pubblicato sull’European Journal of Medicine da cui sono emersi questi risultati.

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