Partendo dalle recenti parole pronunciate dalla premier Giorgia Meloni presentando la riforma fiscale – incentrate sul ruolo fiscale dello stato e dei contribuenti – l’ex sottosegretario al ministero del Welfare Alberto Brambilla ha ragionato sul Corriere proprio attorno a quanto la redistribuzione dei redditi pesi sulle casse statali e dei singoli cittadini: un’ampia analisi basata sui dati dell’Agenzia delle entrate, del ministero dell’Economia e delle finanze e anche dell’Istat, sul bilancio del 2021 e che ruota attorno al fatto che la spesa pubblica – quell’anno – fu di 871,003 miliardi, dei quali 598,941 recuperati in tasse (253 dalle sole ‘dirette’); a fronte di una spesa in welfare pari a 193,84 miliardi, ovvero il 75,6% delle imposte dirette.



Cercando di capire meglio dove siano stati spesi quei soldi, Brambilla ripercorre il bilancio del 2021 e iscrive – in particolare – 117,834 miliardi nel settore della Sanità e 144,215 miliardi per l’assistenza sociale; due tre tra i settori più ‘costosi’ e nei quali la redistribuzione è più ampia. Infatti, nel primo caso la spesa in welfare aiuta il 55,75% degli italiani, che scendono leggermente al 42,59% nel capitolo dedicato all’assistenza sociale: persone, queste ultime, in gravi difficoltà economiche, privi di redditi, oppure che versano meno di 4.424 in tasse e imposte di vario tipo.



Alberto Brambilla: “Il 13,94% dei contribuenti pagano il welfare per il 55,75% dei cittadini in difficoltà”

Compresi i dati, è ancora più interessare la parte di analisi in cui Alberto Brambilla inserisce nell’equazione anche la percentuale di cittadini con redditi più alti che coprono le spese in welfare per i più poveri, fermo restando che un cittadino ‘ideale’ dovrebbe essere in perfetto equilibrio tra imposte versate e servizi ottenuti. Sia nella sanità che nell’assistenza, infatti, sono solamene il 13,94% dei cittadini – ovvero coloro che hanno redditi superiori ai 35mila euro – a coprire i 52,749 miliardi sanitari e i 78,19 miliardi assistenziali necessari per garantire un welfare a chi è in difficoltà.



In altre parole: il 55,75% della popolazione beneficia del 75,6% delle imposte dirette, ma queste ultime sono interamente coperte solamente dal 5% della popolazione, ovvero chi versa un’Irpef superiore ai 14.561 euro di redistribuzione pro-capite. A fronte di tutti questi dati, Alberto Brambilla conclude chiedendosi se abbia ancora senso discutere di welfare e redistribuzione come mezzo per “mitigare le disuguaglianze” – intensi nel senso di bonus, sussidi e aiuti di vario tipo -, o se sarebbe più opportuno “aumentare i controlli, parlare di doveri e non solo di diritti” affinché ci si possa fare veramente carico “dei cittadini che si dichiarano bisognosi (milioni di poveri assoluti e 8,6 di poveri relativi)” senza pesare su quel misero 5% che versa correttamente l’Irpef.