Studio: “Il canto aiuta lo sviluppo sociale dei bambini”

Un recente studio condotto dalla Vanderbilt University Medical Center nel Tennessee e della Emory University School of Medicine in Georgia ha dimostrato che il canto aiuta lo sviluppo sociale dei bambini. Questo avviene specialmente con le canzoni etichettate come ninne nanne, che spesso presentano un ritmo cadenzato e costante, studiato proprio perché si adatti alle esigenze dei bambini più piccoli.



Lo studio sul canto che aiuta lo sviluppo sociale dei bambini è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences e ha preso in esame 112 bambini differenti compresi tra i due e i sei mesi d’età. Monitorando attentamente lo sguardo dei bambini i ricercatori hanno stabilito che i piccoli sincronizzano lo sguardo con il caregiver (la madre o il padre, più genericamente la figura che gli fornisce cure e risponde ai loro bisogni), adattandolo al ritmo della canzone e prestando attenzione ai suoi segnali sociali. Questo avviene fin dai primi due mesi d’età nei bambini e attorno all’anno e mezzo, come evidenzia lo studio, i piccoli iniziano a sviluppare comportamenti ritmici e comunicativi veri e propri.



Lo studio su canto, bambini e sviluppo sociale

Lo studio svolto, insomma, dimostrerebbe che il canto aiuta lo sviluppo sociale sei bambini. “Cantare ai bambini è un atto pieno di informazioni sociali ricche e significative”, ha spiegato Miriam Lense, autrice dello studio, “con lo studio mostriamo che quando i caregiver cantano ai loro bambini, strutturano intuitivamente il loro comportamento per migliorare il legame sociale caregiver-bambino e l’apprendimento sociale infantile”.

In merito allo studio sul canto che aiuterebbe lo sviluppo sociale dei bambini, Lense spiega che “abbiamo utilizzato sia video che canti dal vivo”, al fine di garantire che il cantante non si adattasse ai comportamenti dei bambini. “Abbiamo scoperto che il loro comportamento di sguardo non era causale”, spiega, perché “quando abbiamo manipolato il canto in modo che non fosse più ritmico e prevedibile, i bambini non hanno più sincronizzato con successo il loro sguardo con i segnali sociali”. I risultati, spiega Warren Jones, co-autore dello studio, “sono importanti perché rivelano un notevole accoppiamento fisico tra il comportamento del caregiver e l’esperienza del bambino“.