La bolletta della transizione energetica non è sexy quanto ci hanno promesso per mesi i sostenitori della green economy. Certo di mezzo ci si è messa una situazione congiunturale non favorevole per la ricostruzione delle scorte di gas il cui prezzo medio in Europa è aumentato del 250% in 9 mesi. Colpa della stagione fredda allungata, di un’estate molto calda, di un’economia globale in ripresa e della forte competizione della domanda asiatica di gas. Mentre la Russia rifiuta di incrementare i volumi consegnati, la Norvegia, per fortuna, ha annunciato lunedì, la sua disponibilità ad aumentare l’offerta di gas per scongiurare strozzature del sistema. Oltre a tutto ciò, si riscontra anche un fisiologico generale calo degli investimenti nell’esplorazione ed estrazione di idrocarburi quale naturale conseguente dell’orientamento delle politiche di abbandono dei fossili.



Tra le altre concause, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) indica nel comunicato sugli sviluppi del mercato del gas “una insolitamente bassa disponibilità di vento”. Considerazione che dovrebbe farci riflettere sulla dichiarazione più volte ripetuta dal Commissario europeo Timmermans: “Se avessimo fatto il Green Deal cinque anni fa saremmo meno dipendenti dalle fonti fossili e dal gas naturale”. Fonti Energia Rinnovabile (FER) a oltranza come soluzione? Mentre scopriamo che il caro energia non è imputabile a una scarsa capacità installata delle rinnovabili, bensì proprio le rinnovabili non hanno contenuto il prezzo dell’energia, anzi hanno partecipato a farlo salire. Questo è l’effetto della natura delle rinnovabili che sono fonti intermittenti e non programmabili; per questo necessitano dei sistemi di accumulo efficienti. Una tecnologia ancora non matura ma strategica che avrà sul sistema energetico lo stesso effetto dirompente del microchip nell’informatica.



Si sta investendo in questo settore fondamentale per la sicurezza energetica, e per evitare un divario tra tecnologia straniera ed europea, si è mossa la Commissione europea attraverso lo specifico fondo innovazione che può contare su 10 miliardi di euro prelevati dagli introiti della compravendita dei titoli di permessi di emissioni di CO2. Anche la spinta verso l’alto del costo dei diritti a emettere scambiati sul mercato europeo degli ETS riflette le riforme della decarbonizzazione. Da un punto di vista di politica industriale è una leva per stimolare gli investimenti nella transizione energetica. Senonché, nella situazione contingente, l’incredibile rincaro del gas e dei prezzi dell’elettricità rende interessante per i produttori elettrici riattivare o sfruttare più intensamente le centrali a carbone nonostante debbano acquistare più quote di permessi per le emissioni aggiuntive. L’extra guadagno da kWh costoso compensa abbondantemente anche un prezzo della CO2 di 60 euro a tonnellata.



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