E’ arrivata dal pm De Tommasi la richiesta di ergastolo per Alessia Pifferi: non sono stati presi in considerazione deficit cognitivi o altre attenuanti: per l’accusa, la 38enne recita una parte, per essere al centro dell’attenzione, per una forma di egocentrismo, vuole fare la vittima e soprattutto da “vigliacca” ha fatto in modo che fosse il destino a sbarazzarsi della figlia. Viene accusata dunque di omicidio volontario, la cui pena prevista dal codice non è inferiore a 21 anni di detenzione. A nemmeno 18 mesi di vita la povera figlia Diana è morta di terribili e atroci sofferenze, di fame e di sete cercando persino di mangiare il pannolino, afferma il Pm mentre circostanzia la richiesta di ergastolo per la mamma Alessia Pifferi.
Il caso di Alessia Pifferi continua a tenere banco a suon di dichiarazioni, soprattutto oggi che l’imputata ha deciso di rilasciare delle dichiarazioni spontanee nell’ambito del processo di Milano. “Non sono una assassina, non ho ucciso mia figlia e mai avrei pensato che la mia condotta avrebbe potuto farla morire“, ha tuonato la 38enne che ha voluto rispedire al mittente tutte le accuse. Una Alessia Pifferi sorprendente, quella che si è presentata in aula: lucida e determinata: Si è rivolta a tutta Italia con una mozione degli affetti: sono una mamma, non faccio che pensare a mia figlia Diana tutto il tempo e non ho premeditato nulla. Sottinteso, non sono stata in grado di valutare la gravità delle mie azioni. Una linea coerente con la difesa della sua avvocata che punta ad evitare l’ergastolo e a ottenere un sostanziale sconto di pena. La mossa di Alessia Pifferi di rivolgersi non solo, o non tanto, al giudice e all’aula di Tribunale, quanto agli italiani, è furba e molto intelligente, perché questo a suo carico si è trasformato in un processo mediatico. Il tribunale popolare di fatto l’ha già condannata e non vuole saperne di giustificazioni o alibi. Una donna che lascia morire la propria figlia, piccolina e inerme, di stenti e privazioni per andarsi a divertirsi con l’uomo del momento va contro natura umana e provoca nei telespettatori un sentimento inevitabile di orrore e di ribrezzo. Persino in carcere non c’è pietas nei confronti di Alessia Pifferi: le compagne di cella la chiamano assassina e lei ha più volte denunciato una serie di maltrattamenti subiti dietro le sbarre. Che sia alla fine ergastolo o meno come condanna finale, la sua pena la sta già scontando ogni giorno nel suo cuore e sarà costretta a farlo fino all’ultimo giorno di vita.
Intanto è arrivata la richiesta del Pm dell’ergastolo: non sono stati presi in considerazione deficit cognitivi o altre attenuanti: per l’accusa Alessia Pifferi recita una parte, per essere al centro dell’attenzione, per una forma di egocentrismo, vuole fare la vittima e soprattutto da “vigliacca” ha fatto in modo che fosse il destino a sbarazzarsi della figlia. Viene accusata dunque di omicidio volontario, la cui pena prevista dal codice non è inferiore a 21 anni di detenzione.
Il caso di Alessia Pifferi a Quarto Grado: nuova serie di documenti….
Alessia Pifferi era lucida e capace di intendere e volere quando abbandonò la figlia Diana in casa per una settimana, finendo per farla morire di stenti? Intorno a questo interrogativo si gioca la partita chiave tra accusa e difesa nel processo che si celebra a Milano a carico della 38enne, alla sbarra per l‘omicidio della bimba di 18 mesi morta nel suo appartamento milanese nel luglio 2022. Una partita aspra e difficile che, se confermato lo scenario di una sua piena capacità, potrebbe portarla all’ergastolo come sottolineato dalla stessa avvocata che la assiste, Alessia Pontenani.
A Quarto Grado il caso di Alessia Pifferi e della terribile fine di Diana torna in onda con una nuova serie di documenti e approfondimenti, nelle stesse ore in cui si parla della requisitoria dell’accusa e dell’arringa della difesa, quest’ultima determinata a dimostrare i presunti problemi cognitivi dell’imputata con le recenti carte depositate (tra cui le pagelle scolastiche della donna) per “smontare” la linea segnata dalla perizia condotta dall’esperto Elvezio Pirfo. Per la Procura, Alessia Pifferi avrebbe agito nella piena consapevolezza dei rischi e nella piena assunzione dell’eventualità che la bambina potesse morire a causa delle sue condotte. Più volte, come per sua stessa ammissione, aveva lasciato la figlioletta sola in casa ma l’ultima, tragica occasione l’avrebbe vista stare fuori per ben 6 giorni. La sorella Viviana Pifferi non ha mai avuto dubbi e insiste nel ritenerla una bugiarda: “C’è una donna, chiamiamola così, che ha lasciato la figlia di 18 mesi da sola in casa per andare a divertirsi senza, per orgoglio, chiedere aiuto a nessuno (…) In tutto questo vogliono trovare la giustificazione a quell’oscenità, a quella cosa orrida che lei ha commesso“.
Alessia Pifferi, quando arriverà la sentenza?
Il processo a carico di Alessia Pifferi prosegue in un clima di forte tensione dovuto anche all’inchiesta collaterale innescata dal pm che sostiene l’accusa, Francesco De Tommasi, nella quale sono state indagate due psicologhe del carcere di San Vittore e la stessa avvocata della donna, Alessia Pontenani. Le ipotesi a vario titolo sono favoreggiamento e falso ideologico. Secondo il pubblico ministero, qualcuno avrebbe cercato di fornire all’imputata un “assist” per provare ad alleggerire la sua posizione con la falsa attestazione di un deficit cognitivo che, per il perito, sarebbe inesistente.
Secondo quanto trapelato nelle ultime settimane, la sentenza nel processo di primo grado potrebbe arrivare prima dell’estate e non si esclude, come riporta SkyTg24, che possa essere emessa entro il prossimo maggio. La difesa non perde la speranza di evitarle la massima pena, sebbene consapevole che la perizia Pirfo pesi come un macigno sull’economia del giudizio: “Se Alessia Pifferi eviterà l’ergastolo? Questo lo deciderà la Corte sulla base delle carte che io ho prodotto – ha commentato l’avvocata Pontenani a Pomeriggio 5 –, in effetti sono carte importanti che ci fanno capire che Alessia Pifferi non ha mentito quando ha raccontato di avere l’insegnante di sostegno, che effettivamente ha sempre avuto dalla prima elementare all’Istituto tecnico che stava frequentando“.