L’elefante è stato tolto dalla stanza. Fuori di metafora, la colmata a mare che riempie il litorale di Bagnoli per un’area di circa centocinquanta ettari non dovrà più essere rimossa e trasferita altrove, ma potrà restare dov’è almeno al 90%. Andrà via solo il 10% più pericoloso per l’ambiente.
Questa scelta – candeggiata dal Sindaco di Napoli e commissario per la bonifica dei luoghi Gaetano Manfredi e avallata dal ministro competente Raffaele Fitto – ribalta quanto stabilito da una legge dello Stato che per tanti anni ha funzionato da baluardo contro ogni ipotesi che contrastasse il trasloco del materiale inquinante.
Le ragioni che stanno alla base del mutato orientamento sono rintracciabili nelle difficoltà tecniche dell’operazione e nel suo costo esorbitante. Smembrare un corpaccione di quel tipo, frantumarlo, impacchettarlo e condurlo lontano per terra o per mare è un’impresa ai limiti del possibile nonostante le conquiste tecnologiche.
C’è inoltre il rischio che scomponendo l’ammasso di veleni derivante dalla quasi secolare lavorazione del ferro si sprigionino sostanze più dannose per la salute degli abitanti di quelle residue e rinvenibili nella grande piattaforma lasciata sul posto. Tutte considerazioni già conosciute e valutate anche al tempo dell’intervento legislativo.
Viene da chiedersi, pertanto, che cosa sia cambiato rispetto ad allora quando appariva e veniva rappresentato come un crimine il solo pensare che la colmata potesse restare dov’è così semplificando le complesse attività di restituzione alla città di una superficie che attende gli interventi promessi da oltre trent’anni.
Il sito prescelto per ricevere a pezzi l’enorme spianata era stato individuato a Livorno e già all’epoca non si registrava alcun entusiasmo nell’accogliere l’ingombrante pacco. Naturalmente, le risorse sempre insufficienti, l’esitante burocrazia e l’occhiuta attenzione della magistratura hanno svolto il loro lavoro e nulla è partito.
La novità di questi giorni rientra a pieno titolo nel novero dei fatti rilevanti. Per chi ha qualche anno di troppo e un po’ di memoria sembra impossibile che si sia potuto ribaltare un orientamento che appariva politicamente e scientificamente blindato. Ma tant’è. I tempi cambiano e con loro anche le convinzioni incrollabili.
A ogni modo si tratta di una notizia incoraggiante perché potrebbe preludere alla volta buona che si passi dalle parole ai fatti. Si recupera tempo, si evita di spaccarsi la testa sul come impostare la movimentazione e a conti fatti si risparmia almeno la metà del miliardo e 200 milioni necessari a rimettere in sesto il terreno della vecchia Italsider rendendolo idoneo agli investimenti.
Ottimi motivi per procedere senza ulteriori indugi e in velocità alla definizione e alla realizzazione del nuovo progetto perché le forze della resistenza e le vaghezze del “nonsipuotismo” sono in servizio permanente effettivo. Sempre pronte a paralizzare qualsiasi cosa possa muoversi verso la soluzione di un problema.
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