Il caso Carini-Khelif solletica subito una domanda affatto oziosa: il movimento femminista prenderà posizione a difesa dei diritti delle donne? Perché mentre è chiarissimo che l’atleta azzurra è di sesso femminile a tutti gli effetti (medici e anagrafici), la stessa cosa non si può dire per l’atleta algerina (o algerino? o cos’altro?), tanto è vero che appena un anno fa era stata squalificata per aver fallito il test di verifica del sesso dal Mondiale categoria pesi welter perché l’International Boxing Association aveva individuato nelle sue provette la presenza di cromosomi XY, cioè maschili, anziché XX. Salvo poi, per probabili convenienze politiche, essere ammessa dal Comitato Olimpico Internazionale ai Giochi di Parigi. Insomma, due metri e due misure a distanza di appena dodici mesi e, nel dubbio (o presunto tale), ha prevalso la linea dell’inclusione a tutti i costi divenuta fra le polemiche la cifra testimoniale di queste Olimpiadi. Anche a costo di escludere chi la pensa diversamente, come del resto abbiamo ampiamente visto (e documentato a più voci da queste colonne) in occasione della discutibile manifestazione di apertura.
Vedremo, dunque, se qualche voce del femminismo nostrano, sempre sulle barricate quando ci sono di mezzo i diritti, veri o presunti, delle donne, si alzerà a conforto di Angela Carini, donna con i cromosomi in regola, o se prevarrà la linea del silenzio-assenso che nelle ore immediatamente successive a uno dei mach di boxe più brevi della storia (46 secondi, un quarto del totale) ha invaso quasi tutti i mass media che, in linea col mainstream dominante, hanno minimizzato se non addirittura ignorato il “caso”, mentre le sole voci di sdegno sono arrivate dagli esponenti politici di governo. Meglio non rischiare la faccia, mentre invece già salgono le incredibili accuse contro l’italiana di aver sfruttato l’occasione per “fare politica contro la causa gender”.
Lasciamo a chi è competente di entrare nello specifico sportivo della vicenda e concentriamoci su un dato importante: l’atleta azzurra, due argenti ai Mondiali e agli Europei di cinque anni fa, non è l’ultima arrivata in fatto di pugilato; la (il?) collega africana ha collezionato trofei minori oltre a un argento ai Mondiali dilettanti 2022. Ciò naturalmente può significare poco, così come poco può forse significare l’aspetto fisico, molto più maschile che femminile, della Khelif, mentre assume maggior rilievo il fatto che negli ultimi incontri sul ring precedenti l’Olimpiade le sue avversarie si siano pubblicamente lamentate per la violenza tutta maschile dei colpi ricevuti. Gli stessi, appena due, che hanno fatto desistere la Carini dal continuare l’incontro.
L’atleta napoletana ha dichiarato subito dopo la resa di non avere nulla contro l’avversaria (precisando però che i colpi ricevuti le avevano fatto malissimo), ma è chiaro il dubbio sollevato da un pugile del suo valore che, arrivata a Parigi col dichiarato intento di sentirsi tanto forte da voler gareggiare per una medaglia, getta la spugna agli ottavi prima ancora di aver finito il primo round e senza nemmeno essere andata al tappeto. Vedremo come finirà il torneo. Di sicuro a cazzotti pesanti, sanzionati però solo giù dal ring.
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