Sì, il titolo è un po’ forte, ma è tremendamente vero. In sintesi: il nucleare francese sta attraversando un periodo molto complicato. Agli inizi di settembre, dei suoi 56 reattori, che normalmente forniscono circa 62 Gw di potenza, pari a oltre il 70% dell’elettricità transalpina, ben 32 erano spenti. Poco più della metà per importanti attività di manutenzione programmata e verifiche.



Infatti, ogni dieci anni i reattori nucleari vengono fermati e controllati minuziosamente su richiesta dell’Autorità di sicurezza nucleare (Asn), per ottenere dalla medesima Autorità il via libera al funzionamento per il decennio successivo.

Sono quindi necessari lavori approfonditi e impegnativi, per consentire all’impianto di trovarsi nelle condizioni migliori di sicurezza e di performance, tali da garantire un funzionamento ottimale per almeno altri dieci anni. Molti reattori francesi, poi, si trovano oggi al loro trentesimo o quarantesimo anno di operatività, quindi ormai verso la fine della loro vita utile, pertanto tali verifiche rivestono un’importanza particolare per il futuro dell’impianto: ci si gioca, in sintesi, la possibilità di completare e addirittura di estendere la vita del reattore ben oltre il periodo programmato (una mossa, questa della “life extension”, che sta facendo guadagnare moltissimo a numerose centrali nucleari americane, che già hanno ottenuto dieci o venti anni di “extra-vita”, quindi la possibilità di produrre energia a costi molto bassi). Queste manutenzioni e verifiche decennali possono durare fino a 4 mesi, quando normalmente il periodo tipico di fermata per il ricambio del combustibile e la manutenzione “standard” è di 2-3 settimane.



Ma non è tutto. I rimanenti 12 reattori erano spenti da molti mesi quale precauzione di sicurezza, a causa di problemi imprevisti di “corrosione da stress”. Non particolarmente gravi, ma i requisiti di sicurezza nel nucleare sono molto stringenti. A fine 2021, infatti, a seguito di ispezioni periodiche, su 4 reattori si erano evidenziate alcune piccole fessure generate da corrosione sotto sforzo, in corrispondenza dei punti di congiunzione tra la tubazione del sistema di raffreddamento di emergenza e la grande tubazione del circuito primario che porta l’acqua di normale raffreddamento al reattore.



Questo problema inatteso rappresentava il principale motivo di preoccupazione per EdF, l’elettroproduttore francese proprietario dei reattori. Preoccupazione estremamente acuita dalla situazione congiunturale: prezzi dell’energia alle stelle, enorme difficoltà a trovare soluzioni alternative di approvvigionamento, sia di gas, sia di elettricità.

Per dare un’idea della criticità della situazione e del possibile futuro: in Francia il picco di consumi invernale è di circa 90 GW; senza la ripartenza di gran parte dei reattori, Parigi avrebbe avuto meno di 30 GW nucleari a disposizione.

Da dicembre 2021 EdF ha quindi mobilitato i migliori esperti e ricercatori e le migliori aziende manifatturiere per capire la causa del problema, identificare le zone del reattore dove il problema poteva originarsi, progettare una soluzione, costruire i pezzi da sostituire e realizzare la modifica sui reattori.

Ebbene, sempre all’inizio di settembre, Cédric Lewandowski, direttore del parco nucleare di EdF, davanti ai dirigenti, ai quadri e a tutti gli esperti nucleari del gruppo, comunicava che l’azienda aveva trovato la soluzione al problema e iniziato la sostituzione delle tubazioni critiche. Per fare questo, sono stati e saranno realizzati tratti speciali di tubazione, tutti interamente in acciaio inossidabile, forgiati (vale a dire pezzi ottenuti da lavorazione di un blocco unico di acciaio inox, senza saldatura), con altissimi requisiti di qualità del materiale e della lavorazione. Si era resa necessaria un’indagine a tappeto, per scovare le aziende in grado di garantire la realizzazione di quei pezzi speciali, in tempi rapidi e in alta qualità. Purtroppo, nessuna azienda francese era in grado di assolvere al delicato compito. Lo scouting è stato allora esteso ad altri Paesi europei. Alla fine, EdF ha trovato solo due aziende capaci di produrre i componenti critici: entrambe sono italiane.

La prima è Tectubi Raccordi, la seconda è IBF. Entrambe sono piacentine.

IBF negli anni recenti è stata una delle poche aziende, a livello mondiale, in grado di produrre grandi tratti di tubazione del circuito primario, interamente forgiati e con geometria e lavorazioni complesse, per i reattori statunitensi di nuova generazione, gli AP1000 di Westinghouse, costruiti in Usa e in Cina.

Tectubi Raccordi, invece, sin dagli anni 70 fornisce tutte le centrali nucleari francesi. È leader globale, si è ormai espansa in mezzo mondo, con acquisizioni importanti, e da tempo è nel gruppo di testa dei principali fornitori di qualità di EdF. Oggi oltre la metà del suo fatturato proviene dal settore nucleare.

Per accelerare la produzione dei componenti richiesti, ha addirittura inventato un nuovo metodo per effettuare i test in pressione dei pezzi forgiati.

La pervicacia e la lungimiranza del suo fondatore Valter Alberici, fresco Cavaliere del lavoro, ha consentito a Tectubi di rimanere nel settore da protagonista, nonostante gli alti (pochi) e i bassi (molto lunghi) del nucleare italiano e della congiuntura internazionale, raggiungendo una posizione di assoluta eccellenza a livello europeo e mondiale.
E se quest’inverno molti francesi potranno scaldarsi (non solo le cucine, infatti, ma anche il riscaldamento delle case in Francia è elettrico), lo dovranno anche all’Italia.

P.S.: Per l’inverno. I francesi riavvieranno 27 reattori entro dicembre, gli ultimi 5 entro febbraio. Noi speriamo che ce la caviamo.

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