La difficoltà più grande in cui si imbatte oggi il mondo cattolico, parlamentari inclusi, è una sorta di sottile pessimismo che ci fa percepire come perdenti davanti alle grandi sfide che il mondo contemporaneo ci propone. Soprattutto sul piano dei valori strutturali che in un certo senso costituiscono l’intelaiatura della vita sociale. Mi riferisco, come è facile intuire, a quei famosi valori che in tempi non sospetti furono definiti “non negoziabili”: vita, famiglia, educazione, e che oggi appaiono ampiamente scartavetrati dalle tante battaglie che hanno logorato, lasciandoli stremati, molti di coloro che queste battaglie le hanno combattute in prima persona.



È la paura di perdere ancora una volta le sfide che abbiamo combattuto per difenderli. Piace a molti ricordarci che ormai siamo solo una minoranza; che i tempi sono cambiati; che i valori sono cambiati; che l’unica cosa che conta è la libertà individuale, quell’autodeterminazione che si può spingere fino alla morte. Solo in questa chiave è possibile provare a capire perché alla Camera la pur vasta rappresentanza di parlamentari di provenienza cattolica, presenti in tutti i partiti, pur avendo svolto una forte azione di contenimento nei confronti dei tre ddl favorevoli all’eutanasia, tutti di stampo radical-grillino, non è però neppure riuscita a far calendarizzare il disegno di legge di contrasto all’eutanasia. Sono stati cattolici forti nell’opposizione ma deboli nella proposizione, per cui, almeno per ora, si è lasciato il campo all’ordinanza della Corte Costituzionale. Con piena soddisfazione del presidente Fico, che fin dall’inizio è apparso chiaro che avrebbe appoggiato solo una legge a chiara impronta eutanasica.



Domani in Senato nella Conferenza stampa prevista per le 11.00 in sala Nassyria proviamo a riproporre una nostra iniziativa coraggiosa: riappropriarci della nostra responsabilità di senatori per discutere nell’Aula di Palazzo Madama una mozione di contrasto all’eutanasia. Non vogliamo lasciare alla Corte Costituzionale il compito di sostituirsi ad un Parlamento troppo timido e impaurito per prendere le sue decisioni. Se i regolamenti parlamentari non ci consentono di discutere un disegno di legge perché bloccato alla Camera, vorremmo per lo meno che si discutesse la mozione presentata da un gruppo di parlamentari per lo più afferenti al Gruppo Udc-FI. Una mozione che in realtà vuole dire No all’eutanasia e Sì alle cure palliative. 



Sono molte le voci che si sono alzate in questi giorni per dissuaderci dal farlo: alcune di contenuto, in quanto favorevoli all’eutanasia, altre di opportunità: non c’è una maggioranza a favore della nostra posizione, totalmente contraria all’eutanasia in tutte le sue forme. Quindi la vostra mozione non avrà i voti necessari per passare e la vostra posizione di cattolici impegnati a favore della vita apparirà ancora più debole. Ovviamente il rischio c’è: in questi anni abbiamo assistito alla lenta e progressiva diffusione di una cultura che include tra i diritti individuali quello a togliersi la vita, come gesto di libertà.

Ma noi vogliamo discutere della tutela della vita e della salute individuale come suprema forma di responsabilità della politica, un diritto-dovere di rango costituzionale, che obbliga chi governa a includere nella solidarietà sociale qualcosa che va oltre ogni forma di indifferenza e di individualismo autoreferenziale. La nostra vuole essere una proposta politica di altissimo valore etico e sociale, per dire ad ogni persona, in qualsiasi condizione si trovi, che non è sola!

Vogliamo rilanciare un’etica della solidarietà che raggiunga l’uomo anche nel momento in cui pensa che non ci sia altra alternativa che farla finita. È giunto il momento di andare oltre la logica miope e circoscritta del proprio egocentrismo, in cui troppo spesso si finisce con lo sperimentare solitudine e abbandono. Complice l’ipocrisia di una pseudo-forma di solidarietà che aiuta a suicidarsi quando ormai si pensa che non valga più la pena di vivere. Perché alla fin fine questo è il senso di chi vuole abolire l’articolo 580 del codice penale, che condanna l’istigazione e l’aiuto al suicidio. Vuoi morire? Ok, conta su di me e ti fornirò ciò di cui hai bisogno per morire, mettendolo a carico dello Stato. Questo spalanca le porte ad un’ipocrisia di Stato che, legalizzando l’eutanasia, non dovrà più misurarsi con la complessità dell’assistenza ai tanti pazienti disabili, fisicamente e mentalmente, a cui non sarà impossibile strappare la dichiarazione che preferiscono morire; soprattutto se si renderanno conto di essere di peso per la propria famiglia. A questa concezione dello Stato diciamo No in modo chiaro e convinto.