È di questi giorni l’annuncio che Terna, impresa che gestisce la rete di distribuzione dell’elettricità, e FCA hanno firmato un Memorandum of understanding in riferimento allo sviluppo di tecnologia e servizi per la mobilità sostenibile. La pressione indotta dalle direttive europee che pongono, a partire dai prossimi anni, un massimale alle emissioni inquinanti complessivamente prodotte dalla circolazione di autoveicoli ha portato a una decisa accelerazione nell’impegno dei produttori di auto per accrescere l’immissione nel mercato e nel parco circolante di modelli a basse emissioni. Aggiungiamo a quanto sarà determinato dai mutamenti tecnologici che formeranno le auto del futuro, la crescita della domanda di mobilità sostenibile da parte dei cittadini delle metropoli (con mezzi pubblici, in sharing o di proprietà) e possiamo osservare come la mobilità elettrica da tema futuribile è diventata in poco tempo parte della nostra quotidianità.
Il mutamento indotto dalla nuova domanda di mobilità riguarda tutta la filiera economica. Se all’inizio ha a che fare con la creazione di nuovi prodotti (auto completamente elettriche, ma anche e-scooter, monopattini elettrici, ecc.) e di nuovi modelli di auto e di motori capaci di sommare l’elettrico con altre trazioni, immediatamente dopo trascina nel cambiamento il settore delle vendite, i nuovi settori della sharing economy, muta la rete di manutenzione e rifornimento e pone nuovi problemi per il recupero, riciclo e riuso di nuovi prodotti e nuovi materiali. È il passaggio dall’economia tradizionale alla green economy che investe il più tradizionale dei settori produttivi che hanno caratterizzato la grande industria del secolo scorso e che porrà in essere una nuova domanda di lavoro.
Tralasciando i cambiamenti che riguardano il ciclo produttivo interno alle imprese che richiederà nuova formazione e nuove competenze per una forza lavoro 4.0, anche il resto dei servizi della filiera della mobilità registrano, di fronte ai mutamenti delineati, un mismatching fra figure professionali richieste e l’offerta di professionalità in uscita dai percorsi di istruzione e formazione.
A queste problematiche la Camera di Commercio di Milano, Monza e Brianza e Lodi, ha dedicato, anche in vista della EMOB conference di fine settembre, un confronto fra protagonisti della ” E-Mobility”, formatori e istituzioni per fare il punto sullo stato dell’arte e sostenere nuovi percorsi formativi per le nuove figure professionali richieste. Partendo dai dati Excelsior che rilevano come in Lombardia a fronte di una domanda di lavoratori con qualifica di meccatronico pari a circa 3.500 unità annue, si registra un deficit di 1.000 unità.
La figura del meccatronico somma il meccanico con la qualifica di elettrauto. È la qualifica base della formazione professionale del settore, ma che, attraverso il sistema duale e i percorsi IFTS e ITS, permette di arrivare a formare figure specialistiche con competenze terziarie per il comparto della nuova mobilità. Va segnalato come anche i percorsi formativi superiori segnano il passo visto che esiste un solo percorso ITS con 25 iscritti.
Giovani e meno giovani (vi sono molte offerte di corsi rivolti ad adulti che vogliono acquisire nuove professionalità) snobbano questa offerta formativa nonostante assicuri sbocchi occupazionali certi. Pesa ancora la visione del meccanico, manovale tuttofare, piegato sul motore. Oggi è invece l’avvio per una carriera di tecnico della mobilità. Sarà colui che nei 40 anni di attività professionale, grazie anche a una costante formazione, ci assisterà nel nostro desiderio di muoverci sicuri e in modo sostenibile. Dovrà saper mettere mano a motori ibridi, solo elettrici ma anche saper gestire reti di ricarica e scambio fra mezzi per lunghe tratte e per spostamenti urbani. Sarà più tecnico e consulente di sistema che non il tecnico d’officina che conoscevamo.
Toccherà quindi agli operatori della formazione e dell’orientamento svolgere un lavoro importante nel confronto dei giovani che sono nella fase di scelta dei percorsi formativi, e aggiungere una operazione verità verso le famiglie che considerano ancora i percorsi professionalizzanti come non gratificanti per il futuro lavorativo dei loro figli.
Se però le imprese hanno ormai deciso che lo sviluppo del settore sarà segnato dall’elettrificazione, è bene che pensino anche alla formazione delle professionalità necessarie. Il caso dello sviluppo della mobilità elettrica è un buon esempio di come i cambiamenti tecnologici sfidino il sistema dell’istruzione e formazione professionale. Ma gli strumenti per rispondere vi sono. Il modello di formazione professionale lombardo permette la massima flessibilità e consente anche di attuare il sistema duale (miglior metodo per coniugare la formazione teorica con l’esperienza lavorativa) nel modo più avanzato.
Per creare percorsi di scuola e apprendistato che coprano la domanda di nuove figure professionali dal primo al livello specialistico terziario si devono incontrare tutti gli attori interessati. Devono esserci studenti disposti all’impegno, operatori della formazione che si dedichino a organizzare i percorsi formativi, ma soprattutto un sistema di imprese che creda nell’investimento in formazione.
L’augurio è che proprio la sfida della mobilità sostenibile apra la strada a un sistema professionalizzante che sostenga un mercato del lavoro di nuova sostenibilità.