Fa tenerezza, la storia del vecchio gorilla Massa. Quasi cinquant’anni, praticamente l’equivalente di un centenario umano, bruciato vivo la notte di Capodanno. E altrettanta tenerezza fanno tutte le altre scimmie e gli altri animali finiti in cenere nel rogo. E come non capire il dolore e la tristezza di chi a quegli animali ha dedicato la vita, il veterinario dello zoo, il direttore…



Ma ci sono altri due aspetti, nella vicenda del rogo dello zoo di Krefeld, che mi colpiscono di più.

Per capire, un breve accenno alla dinamica dell’evento. Secondo gli inquirenti, l’incendio è stato provocato da alcune lanterne volanti, ovvero quegli oggetti di carta velina che si fanno volare in cielo con dentro una fiammella, e che in Germania sono illegali da anni.



Così – prima annotazione – quando la faccenda è stata resa nota, il commissariato della cittadina si è riempito di abitanti della zona che andavano a costituirsi, confessando di aver fatto volare la loro «lanterna magica» a mezzanotte. Nemmeno a farlo apposta, l’altra sera sono stato a cena da un’amica tedesca. Tra le tante cose, abbiamo parlato dell’abitudine diffusissima in Germania di lasciare frutta, verdura, fiori in vendita ai bordi delle strade o nei campi: la gente passa, raccoglie i suoi frutti, taglia i suoi fiori, paga il dovuto e se ne va. Un’onestà da noi impensabile. Ma anche i tedeschi hanno il peccato originale: anche se le lanterne volanti sono illegali, le lanciano lo stesso. Però, poi, non si nascondono: fa impressione l’idea che siano andati a denunciarsi da sé; da noi, chi l’avrebbe fatto mai?



Ma l’elemento che mi colpisce più ancora, quello che mi fa una tenerezza infinita, è la storia delle probabili responsabili del dramma. Si tratta di due donne di trent’anni e della loro mamma di sessanta, pare proprio che le lanterne finite nello zoo siano le loro. E come hanno fatto gli inquirenti a individuare proprio le loro lanterne fra le tante lanciate? Da non credere: perché le donne – scrive il Corriere – “avevano affidato alle lanterne anche letterine con i loro desideri per l’anno: proprio dall’esame calligrafico di questi foglietti i poliziotti sono risaliti a loro”. Tenerissimo, incredibile: tre donne affidano i loro desideri a un bigliettino lanciato verso il cielo.

Ho appena riletto alcuni passaggi di un libro di don Giussani, Perché la Chiesa. Parla, a un certo punto, dello scientismo, come fede nella scienza in quanto unica forma di conoscenza e di sapienza. Conclude: “Non è questa una nota contro la scienza, ma un’accusa alla pretesa della scienza come risolutrice del problema umano”. Siamo nel 2020, siamo nell’epoca dell’industria 4.0, dell’iperautomazione, della tecnologia onnipotente; e tre donne – di trenta e sessant’anni, mica tre bambine – affidano i loro desideri a un bigliettino lanciato verso il cielo. A dire – ancora una volta, sempre – che ci sono desideri nel cuore degli esseri umani che vanno al di là di qualunque gadget il mondo ci possa offrire.

Con una inevitabile nota malinconica: questi desideri, oggi, sembrano non avere più un interlocutore adeguato, un Dio con una faccia, un nome e un cognome, che si è impastato con le nostre povere vite; e, privi di un interlocutore, affidati al vento che tira, anche i desideri più buoni finiscono per fare danni…