Romano Prodi, l’inventore del “Governo Ursula” fra Pd e M5s una domenica di agosto 2019 sul Messaggero, nello stesso “column” ha sferrato ieri un durissimo attacco contro la strategia Ue di svolta green. Dunque: contro la stessa Ursula von der Leyen, Presidente (popolare) della Commissione Ue; e contro il suo primo vicepresidente, il socialista olandese Frans Timmermans, responsabile del NextGenerationEu, cioè della doppia transizione digitale ed ecoenergetica.
Su entrambi gli incarichi, quattro anni fa, l’ex Presidente italiano della Commissione Ue (un centauro politico metà popolare e metà socialista, espressione perfetta della “grande coalizione” che continua a governare Strasburgo e Bruxelles) ha avuto più di una voce in capitolo dietro le quinte: ottenendo fra l’altro un successo personale con la designazione di David Sassoli (Pd-S&D) alla presidenza dell’Europarlamento, Oggi, a poco più di un anno da un nuovo euro-voto, quella Ue a Prodi non piace evidentemente più. Per nulla.
“La scelta green (sic) dell’Europa (sic) penalizza il nostro Paese (sic) nell’automotive” (sic). Il “nuovo Prodi” in abiti di difensore sovranista dell’auto “no-Greta” denuncia quanto grave si profili per l’Azienda-Italia il passaggio integrale alla mobilità elettrica entro il 2035 imposto dall’Ue. Contro cui evidentemente, il Governo Meloni (dopo un decennio di governi Pd “europeisti”) ha ragione di combattere: facendo valere “l’interesse nazionale” (quello delle imprese di frontiera tecnologica, a protezione di occupazione di qualità).
“Pur essendo ormai marginali nella produzione di vetture finite (sic; ma John Elkann non è forse presidente e grande azionista di Stellantis?), siamo un Paese di straordinaria importanza nella produzione dei componenti, la gran parte dei quali non esiste nelle vetture elettriche, che sono molto più semplici e si muovono spinte unicamente dalle costosissime batterie. Le auto elettriche non hanno infatti bisogno di filtri, valvole, testate, iniettori, monoblocchi, pompe, serbatoi e delle tante altre diavolerie che compongono un’auto spinta da motore diesel o a benzina. Di conseguenza – conclude Prodi – nel nostro Paese, si produrrà una riduzione di oltre cinquantamila posti di lavoro e un notevole danno alla nostra bilancia commerciale, dato che siamo grandi esportatori verso le imprese automobilistiche europee”.
Difficile non sottoscrivere l’analisi di un ex giovane economista industriale specialista nel distretto emiliano della ceramica edilizia (e la “motor valley” italiana è in Emilia). Ma lo stesso allarme è stato lanciato ieri sul Sole 24 Ore dall’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato: agli annali, come “padrone di destra”, non come padre nobile del Pd e unico Premier di centrosinistra vincente alle elezioni in Italia, nonché ultimo Presidente italiano – “europeista” – della Commissione Ue. Chissà se il prossimo segretario del Pd – sia esso Roberto Bonaccini o Elly Schlein, entrambi politicamente cresciuti in Emilia – faranno proprie posizioni così “scorrette” di politica industriale ed europea. O se S&D – con possibile spitzenkandidat Sanna Marin, verdissima premier (rosa) finlandese – si presenterà al prossimo voto per l’europarlamento con una piattaforma di politica economica che “Old Prodi” giudica poco men che suicida.
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