Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America del 2020 si terranno il 3 novembre 2020 e saranno le cinquantanovesime della storia Usa. Il sistema prevede, come noto, un processo di indicazione del candidato basato su primarie che, storicamente, partono dal piccolo Stato dello Iowa. Così è accaduto, due giorni fa, anche nel 2020. Bisogna, tuttavia, notare come nel momento in cui viene scritto l’articolo, molte ore dopo la fine del voto, non è ancora noto, per problemi organizzativi che sembrano “quasi” italiani, il vincitore di questa prima tappa nel campo democratico. I cronisti più maligni pensano che, alla fine, il vincitore sia stato, dopo il caos, Donald Trump.
Uno dei frontman e dei leader più interessanti rimane, indipendentemente dall’esito del lungo spoglio, Bernard Sanders, detto Bernie, nato a New York nel 1941, senatore per lo Stato del Vermont e già membro della Camera dei rappresentanti.
Il “vecchio” Bernie si qualifica, quasi una bestemmia negli Stati uniti, come un socialista democratico. Dagli anni Cinquanta, ovvero dal periodo della persecuzione anticomunista e antisocialista del maccartismo, è, finora, l’unico membro del Congresso ad autodefinirsi espressamente “socialista” e non genericamente progressista o liberal. Da buon socialista, appunto, il senatore del Vermont propone di garantire a tutti un lavoro stabile. C’è, infatti, secondo lui, abbastanza lavoro da fare per tutti negli States.
Per fare ciò immagina di creare ben 20 milioni di posti di lavoro con un New Deal “verde”, ricostruendo le infrastrutture fatiscenti e creando un sistema energetico sostenibile al 100%. Prevede poi di creare milioni di posti di lavoro nel settore sanitario per supportare gli anziani e le persone con disabilità nelle loro case e comunità, nonché investire su nuovi posti di lavoro nell’educazione della prima infanzia.
Secondo Bernie, insomma, nella nazione più ricca della storia del mondo, chiunque dovrebbe avere il diritto a un lavoro dignitoso ed è ancora possibile un’economia a piena occupazione.
Un lavoro “sicuro”, si sostiene, riduce, ovviamente, il tasso di criminalità, migliora la salute mentale e crea un forte senso di comunità. Maggiori garanzie servono, in definitiva, per costruire insieme un’America molto più sana e più felice.
Basteranno queste proposte per diventare il 4 novembre prossimo il primo Presidente “socialista” degli Stati Uniti o gli americani si affideranno, per quattro anni ancora, all’usato (sicuro?) di Donald Trump imprenditore di successo, self-made man e star televisiva prima che politico?