Morgan ancora una volta è finito nell’occhio del ciclone mediatico, non per la sua professione di musicista ma per un fatto grave di stalking a lui attribuito. Come è giusto che sia, la sua eventuale colpevolezza verrà valutata nelle aule dei tribunali. Nel frattempo, nel giro di pochi giorni, la sua casa discografica lo ha licenziato in tronco, la Rai ci ha tenuto a precisare che non ha alcun contratto in corso con lui e alcune esibizioni estive già in programma sono state cancellate dagli organizzatori.
Tutti conoscono Morgan per la sua imprevedibilità e stravaganza, per le partecipazioni a X Factor, per il siparietto al festival di Sanremo “dov’è Bugo” e per i suoi amori più o meno chiacchierati. Chi è invece il Morgan musicista? Se si vuole conoscere meglio il suo lato artistico e umano, oltre ad ascoltare i suoi album, può valere la pena di leggere “Il libro di Morgan – Io, l’amore, la musica, gli stronzi e Dio” (2014 Einaudi) scritto dallo stesso Marco Castoldi in arte Morgan.
Senza troppi giri di parole e di falsa modestia, Morgan si definisce un genio: “Io sono intelligentissimo, diciamo un genio. È strano dirlo? È la verità. E poi lo dicono tutti”. Si riconosce anche nell’essere “umanamente una frana”, un pazzo, un isterico, una persona ingestibile, un egoista. Anzi, si descrive come un “Egotico”: uno che mette sempre se stesso al centro dell’attenzione, uno che da tutto se stesso e che ha sempre un “bisogno disperato dell’applauso degli altri”. Il ruolo dei genitori è stato fondamentale nella fase di approccio e di ascolto della musica: “Mio padre non era un musicista, non era neanche una persona particolarmente colta, però era un grande educatore all’ascolto”. E questa guida e impostazione all’ascolto ha portato Morgan a immergersi con passione nelle note di Bach e di Wagner ma anche dei Pink Floyd e dei King Crimson.
Il primissimo concerto è quello di Roberto Vecchioni all’età di sei anni, una folgorazione per Morgan, una vera e propria esperienza collettiva che ha provocato un forte senso di appartenenza a una comunità e soprattutto ha portato in lui una intensa gioia di vivere: “Per tutta la vita non ho fatto che inseguire quella scintilla grandiosa di quando avevo sei anni. Sono in un grande prato al concerto di Vecchioni”. Il negozio di sintetizzatori davanti alla ditta di mobili del padre a Bovisio Masciago in Brianza e gli anni di studio al Conservatorio gli hanno trasmesso la conoscenza e la competenza di numerosi strumenti (chitarra, basso, pianoforte, organo, ecc.) alla base di numerose composizioni.
Morgan perde presto il padre, suicida, malato di depressione e sommerso dai debiti. Per Morgan questo dolore immenso si trasforma presto in energia positiva: “Senza mio padre avevo bisogno di un motivo in più per vivere, una ragione forte, e quella era suonare”. Le prime esibizioni pubbliche sono davanti ai parrocchiani suonando Bach: “In chiesa ho imparato come funziona uno spettacolo. La messa, come un concerto”.
Il suo gusto musicale si indirizza poi verso David Bowie, Lou Reed, i Duran Duran e i Depeche Mode anche se un ruolo fondamentale e una ricca fonte di ispirazione è da attribuire ai cantautori italiani in particolare la figura di Battiato, un padre e un maestro, di De André, uno che “parla solo di morte”, e di Dalla, un vero innovatore.
Gli esordi discografici arrivano con i Golden Age che diventano subito i ben più noti Bluvertigo: i testi passano dall’inglese all’italiano e in pieno periodo Grunge, in totale controtendenza, si affermano nel panorama musicale con Morgan al Synth e un suono pop new wave non facilmente etichettabile.
Dopo i Bluvertigo Morgan artisticamente si è reinventato diverse volte facendo e continuando a fare quello che ha sempre voluto: “Sul palco mi sento a mio agio, là sopra io ho la sensazione che tutto sia come deve, mi sento a casa, meglio che a casa”.
Il “Libro di Morgan”, nelle mille contraddizioni, è un inno alla bellezza della musica e al suo potere salvifico. Che piaccia o meno questa è la versione di Marco Castoldi, in arte Morgan.
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