Caro direttore,
da quattro giorni il “caso Morisi” occupa cover e homepage: anche nell’alimentare un dibattito ennesimo sul diritto-dovere del giornalismo di spingersi oltre i limiti del “guardonismo” eccetera. Certamente finché c’è libertà di stampa – in uno stato di diritto – c’è democrazia e viceversa.
Sono funzionanti – democrazia e libera stampa – quando il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton rischia l’impeachement per il caso Lewinsky. Ci sono entrambe quando l’allora procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, abbandona d’un tratto l’incarico di capo del distretto antimafia per indossare a tempo pieno quelli di accusatrice di Silvio Berlusconi per il caso Ruby, le “cene eleganti” di Arcore. E se la Francia non si considerasse la culla della liberaldemocrazia “di pensiero e di stampa” ieri non avremmo appreso che il presidente Nicolas Sarkozy (quello che nel 2011 scatenò la “guerra di Libia” fatale a Berlusconi e forse all’intera Italia) si faceva finanziare le campagne elettorali attraverso canali non legali.
Se tuttavia vogliamo traguardare il caso dell’ex responsabile della comunicazione social di Matteo Salvini oltre la proverbiale distanza del dito della propria mano, allora c’è dell’altro: a cominciare dal ruolo dei media.
“Mi dispiace. è stata la stupida deviazione di percorso di una sera d’estate. Ma perché dovrei dimettermi per questo?”. Silvio Sircana sta seduto in poltrona, e riflette a voce alta. Da casa sua è appena uscito un medico. La moglie Livia prepara la cena ai figli. Una vita sconvolta da una foto. Una foto che lo ritrae mentre si affianca con l’auto a un transessuale e scambia qualche parola al finestrino. Quella maledetta foto che, spuntata dalle fogne di Vallettopoli, lo inchioda alle sue responsabilità. Di marito, di padre, di politico, di portavoce del governo. “Pubblicatela pure, quella foto, tanto so cosa ritrae. Ritrae quello che è successo. Cioè nulla”.
Per la cronaca: Sircana era – nel marzo 2007 – il portavoce, il Rocco Casalino del premier Romano Prodi. Il giornale che gli accordò una lunga intervista era Repubblica. Il giornalista che la raccolse fu Massimo Giannini, attuale direttore della Stampa. Sircana restò portavoce unico del governo e nel 2008 fu eletto senatore per il Pd.
Quattordici anni dopo un esponente del centrosinistra contesterebbe con vigore – e con più di una ragione – il fatto stesso di essere messo sotto accusa mediatica e sociale (se non giudiziaria) per la frequentazione di una qualsiasi persona trangender. Anzi: coglierebbe l’occasione per rilanciare il ddl Zan contro l’omotransfobia, che invece giace ancora non approvato nei cassetti dei gruppi parlamentari Pd.
Resta il fatto che l’allora il portavoce di un premier “cattolico adulto”, al battesimo del Pd, considerasse ancora per primo “sconveniente” l’essere stato ritratto nei viali romani frequentati da escort transgender. Mentre il Garante per la privacy – all’epoca il giurista Federico Pizzetti, già consigliere costituzionale del premier Prodi nel 1996-1998 – vietò inizialmente la pubblicazione delle foto.
Ma a proposito di escort transgender, nel “file” dei politici del centrosinistra c’è anche il caso di Piero Marrazzo. Nel 2009 il giornalista Rai era presidente della Regione Lazio. Il caso – almeno secondo la successiva verità giudiziaria tuttora accreditata nella versione inglese di wikipedia – vide alcuni carabinieri tentare un “ricatto” nei confronti di Marrazzo: intercettato in video “con una prostituta transessuale mentre una limitata quantità di cocaina era presente”, in un appartamento di via Gradoli a Roma. Poche settimane dopo l’accaduto, la transgender brasiliana venne trovata morta, soffocata dai fumi di un incendio sospettato di dolosità. Marrazzo nel frattempo ammise la sua relazione con la transgender – attribuendolo a un momento di “debolezza personale” – e si autosospese da governatore del Lazio. Fu poi assolto da ogni ipotesi di addebito penale legato alla detenzione di cocaina. E meno di un anno dopo riprese servizio in Rai, di cui fu è stato in seguito anche corrispondente da Gerusalemme, per poi tornare a Saxa Rubra come caporedattore e conduttore di Rai news 24.
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