In attesa che arrivino i fondi del Recovery fund, l’Italia potrebbe avere tra le mani un bazooka da 75 miliardi, rapidamente utilizzabili e spendibili per aiutare le imprese. Oltre ai Dsp emessi dal Fondo monetario internazionale, a disposizione del governo c’è un “tesoretto” di 25-35 miliardi di cui nessuno parla. A sollevare per primo il velo su questo gruzzolo è stato Domenico Lombardi, ex consigliere economico del Fmi, con un editoriale apparso il 22 agosto sul quotidiano La Verità: “Il saldo di Tesoreria – cioè il saldo del conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca d’Italia con cui gestisce gli incassi e i pagamenti – è positivo per oltre 70 miliardi”. Un livello “significativo”, mai raggiunto in tempi recenti, tra l’altro cresciuto di ben 22,5 miliardi rispetto allo scorso anno. Di questi fondi, secondo Lombardi, la metà circa – dai 25 ai 35 miliardi – potrebbe essere subito “destinata a un uso più produttivo”, soprattutto “per far fronte a oneri già formati, cercando di accorciare sensibilmente i tempi di pagamento della Pubblica amministrazione. E’ una priorità”. A maggior ragione – spiega Lombardi – “poiché l’Italia paga, nell’immediato, un tasso negativo su quel deposito, anche se successivamente rimborsato dalla Banca d’Italia per il tramite della distribuzione dei suoi utili”.



Come si spiega l’entità di questa cifra?

Stiamo parlando di saldi di cassa, quindi di riserve che lo Stato ha sul suo conto corrente di Tesoreria, presso la Banca d’Italia, da cui effettua i suoi incassi e pagamenti. Premesso che il saldo deve essere sempre positivo, altrimenti si ricadrebbe nel finanziamento del disavanzo, colpisce il fatto che ora il saldo sia ampiamente positivo. Non ha precedenti nei saldi di questi ultimi periodi e questo è in contrasto con alcune sensazioni adombrate su possibili tensioni di cassa. Invece è l’esatto contrario.



Perché?

Non solo la cassa è pingue, ma si è accresciuta con un’impennata considerevole proprio nel periodo del lockdown.

Come è potuto crescere il saldo di Tesoreria in un periodo di crisi economica gravissima legata alle conseguenze del lockdown?

Il dato dei 70 miliardi è riferito all’ultimo disponibile, in data 3 luglio, reso pubblico dalla Bce. Un anno fa, al 28 giugno 2019, il saldo era di poco superiore ai 48 miliardi.

Potrebbero essere utilizzati in attesa dei fondi del Recovery fund, che non arriveranno prima del 2021?

Possono dare un po’ di ossigeno all’economia reale. Molti avevano la sensazione, indotta, che ci fossero problemi di liquidità e che quindi, già solo per questo motivo, si dovesse ricorrere a un prestito esterno, invece per fortuna non ci sono tensioni di cassa, anzi c’è un “tesoretto” che rappresenta un’ottima notizia per l’Italia. Ma un paese come il nostro, con il suo livello di debito in forte crescita a causa della pandemia, non può permettersi di avere un saldo così elevato quando il resto dell’economia soffre.



Sarebbero manna dal cielo per gli investimenti, non crede?

E’ vero. Ma io li utilizzerei soprattutto per far fronte a oneri già formati, cercando di accorciare sensibilmente i tempi di pagamento della Pubblica amministrazione. E’ una priorità.

E’ così importante?

E’ un aspetto che può sembrare secondario, meno altisonante che intervenire sulle aliquote Irpef, ma in un paese che è il peggior pagatore d’Europa e in un contesto in cui le imprese italiane scarseggiano di liquidità e faticano ad accedere al credito, per svariate ragioni, onorare le proprie fatture in tempi ravvicinati può essere un aiuto enorme per gli imprenditori. E’ un controsenso che lo Stato detenga un saldo positivo di cassa molto elevato. Le risorse ci sono, perché non dare alle imprese ciò che spetta loro in tempi veloci? Vorrei a tal proposito ricordare che la stessa amministrazione Obama, ai tempi della grande crisi finanziaria del 2008-2009, fece proprio questo: adottando varie iniziative riuscì a dimezzare i tempi di pagamento dello Stato.

In Italia però dovremmo fare i conti con una burocrazia farraginosa e complessa, come si è visto con le risorse messe a disposizione dal decreto Rilancio. Potrebbero ripetersi gli stessi intoppi anche con il saldo di Tesoreria?

In Italia siamo molto attenti all’entità degli aiuti, ma non altrettanto alla velocità con cui le risorse ricadono a terra sul sistema produttivo. Non si tratta di creare nuovi ingranaggi, ma di oliare bene quelli esistenti, accelerando i pagamenti, visto che le risorse ci sono.

I fondi di Tesoreria hanno vincoli di destinazione particolari?

No, perché è semplicemente un saldo che lo Stato detiene per far fronte alle varie esigenze di cassa: pagamenti della Pa, rimborsi dei titoli di Stato che giungono a scadenza, incassi che derivano da collocamenti di nuovi titoli pubblici.

Il calendario delle aste può spiegare l’aumento del saldo di Tesoreria?

No, perché rispetto al calendario dello scorso anno non ci sono state anomalie.

E le scadenze fiscali?

Neppure. Il Governo ha addirittura ritardato delle scadenze fiscali e, se non lo avesse fatto, l’entità del saldo sarebbe stata paradossalmente ancora più positiva. L’importante, ripeto, è ottimizzare l’utilizzo di questo saldo, specie in un momento di grave difficoltà dell’economia.

Quanti miliardi sono utilizzabili? E c’è un livello sotto il quale sarebbe opportuno non scendere?

Il saldo utilizzabile potrebbe essere la metà, 35 miliardi, o quanto meno 25 miliardi, così da riportare il livello più o meno alla pari con quello del 2019. Tenendo presente che su questo saldo l’Italia nell’immediato paga un tasso oneroso dello 0,5%, che poi solo successivamente si trasforma in utile per la Banca d’Italia, che va restituito all’azionista Stato.

Possono essere utilizzati al posto dei fondi del Mes sanitario? E il loro utilizzo ci eviterebbe anche lo stigma di doverli richiedere?

Certo. Francia e Spagna, per esempio, vedono il ricorso al Mes solo per paesi in difficoltà sui mercati finanziari. Ma in questo momento l’Italia vanta un’ottima relazione con i mercati e una buona diversificazione del parterre degli investitori, come si vede in occasione delle aste di titoli pubblici. Ed essendoci anche questa riserva precauzionale del fondo di cassa, non c’è proprio la necessità di subire un eventuale stigma ricorrendo unilateralmente e isolatamente al Mes.

Storicamente non si è mai fatto ricorso al saldo di Tesoreria in eccesso?

Nella storia più recente non è riscontrabile un livello analogo di saldo di Tesoreria.

Il governo ne è a conoscenza? Perché nessuno ci pensa?

Sono dati pubblici. Posso pensare che ci sia una dinamica precauzionale che abbia portato all’accumulo di questo saldo. Ma non possiamo neanche andare troppo oltre, altrimenti rischiamo, per metafora, che l’operazione sia riuscita, ma il paziente è morto, perché se le imprese non riescono a finanziarsi, anche mediante l’incasso delle proprie fatture, poi vanno in difficoltà, se non in default, con effetti non facilmente riparabili sul Pil, sul tessuto produttivo e sull’occupazione. Sarebbe utile avviare un dibattito su quale sia il livello ottimale di questo fondo in una situazione come questa.

Potrebbero esserci pressioni esterne a che l’Italia non utilizzi questi saldi di Tesoreria?

Sicuramente ci sono delle pressioni esterne affinché l’Italia aderisca al Mes.

I 25-35 miliardi di saldi di Tesoreria potrebbero essere utilizzati insieme ai 40 miliardi di Dsp del Fmi disponibili per l’Italia, di cui lei ci ha parlato in una precedente intervista?

Assolutamente sì. I Dsp non costano quasi nulla e non hanno alcuna condizionalità esterna. In tal modo avremmo un bazooka considerevole, 75 miliardi circa, che – qualora creassimo un veicolo come nella proposta Lombardi- O’Neill – potrebbero anche triplicarsi, con una capacità di fuoco di oltre 200 miliardi, che farebbero la differenza. Anche perché i tempi tecnici di attivazione sarebbero inferiori a quelli necessari per raggiungere un accordo sul Mes. Senza dimenticare, poi, che i Dsp e il saldo di Tesoreria non sono alternativi ad altre fonti, ma aggiuntivi. E poter attivare tutto l’arsenale possibile per aiutare imprese ed economia mi sembra un’esigenza imperativa.

L’aumento dei saldi di Tesoreria è diffuso in tutta l’Eurozona. Perché?

Anche in questo caso ipotizzo un motivo precauzionale: ciascun paese era preoccupato di progettare la propria risposta alla crisi scatenata dalla pandemia da Covid-19. Ma gli effetti variano da paese a paese. Se un’economia forte, come quella tedesca, accumula più saldi, questo ha un impatto meno negativo sul suo tessuto economico, visto che ha altri strumenti da mettere in campo.

Ma se l’Italia facesse ricorso al saldo di Tesoreria, si indebolirebbe rispetto ad altri paesi competitor?

Assolutamente no, perché è una cassa inutilizzata e infruttifera. Avere un saldo eccessivo non è un elemento di forza, ma di debolezza, perché così non si sostiene adeguatamente la nostra economia.

L’aumento dei saldi di Tesoreria ha impatti sulla politica monetaria espansiva della Bce?

L’incremento dei saldi nell’Eurozona sono superiori alla liquidità che la Bce ha iniettato con il programma Pepp per combattere gli effetti deflazionistici della pandemia. Quindi, da un lato la Bce immetteva liquidità aggiuntiva attraverso diversi canali, dall’altro i governi le restituiscono liquidità, di fatto vanificando la sua azione. Una dissonanza da correggere.

Infatti lei ha scritto che “lo sforzo della Bce di iniettare maggiore liquidità nel sistema durante la pandemia appare sterilizzato dalla liquidità che i governi le restituiscono sotto forma di maggiori saldi nei rispettivi depositi di conto corrente”. Come coordinarsi al meglio con la politica monetaria espansiva della Banca centrale europea?

E’ un punto cruciale la capacità di coordinare le politiche fiscali con la politica monetaria, così da poter utilizzare le risorse in modo efficiente e in tempi rapidi.

Concretamente?

I governi potrebbero tornare a ripristinare i saldi di Tesoreria sui livelli del 2019, in modo da restituire alle economie la liquidità aggiuntiva che la Bce ha fornito, evitando quell’effetto-parcheggio che limita l’azione monetaria espansiva.

(Marco Biscella)