È sempre difficile commentare a caldo un’elezione, in particolar modo una consultazione a valenza continentale. Ma al di là delle macro-divisioni che continuano a caratterizzare l’Italia (Meridione e isole al Movimento 5 Stelle, mentre il Centro e il Nord vanno alla Lega) nel voto di domenica un dato emerge su tutti: in Toscana il Pd resta il primo partito. La notizia sembra di poco conto, ma per le dinamiche interne al “partitone” il significato è notevole.
In queste ore molti commentatori, anche autorevoli, si sono affannati a riconoscere al nuovo segretario Nicola Zingaretti il merito della buona performance del Pd, sottolineando, per contro, il ruolo sempre più marginale di Matteo Renzi. Eppure i risultati definitivi raccontano un’altra storia.
I dati veri attestano che nella Toscana in cui renziana è la segretaria regionale del Pd, renziana è la capolista del Pd alle elezioni europee e renziani sono il candidato a sindaco di Firenze (dove il Pd ha ottenuto un eccellente 42,07% contro una Lega, secondo partito, al 23,91%) e il candidato a sindaco di Livorno (Pd 32,63% e Lega 29,35%), la Lega deve accontentarsi della piazza d’onore.
Mentre nella Toscana dell’anti-renzismo, Prato per esempio, dove il candidato a sindaco nato renziano ha voltato le spalle al líder máximo (a iniziare dall’abiura del nuovo aeroporto di Firenze per il quale il gabinetto Renzi si era molto prodigato), la Lega ha surclassato il Pd (Lega 34,47% e Pd 32,46%).
Morale: senza Renzi il Pd non sarebbe primo partito in nessuna regione italiana. Neppure in quel Piemonte che ha visto in corsa per lo scranno di governatore una persona seria, preparata, stimata, nonché presidente uscente, come Sergio Chiamparino.
Ciò non significa che il vincitore, a sinistra, sia Renzi, per carità. Ciò sembra significare piuttosto (e forse, soprattutto) un’altra cosa; che per il Pd sarà inevitabile ripartire dalla Toscana. E che per Zingaretti sarà molto difficile fare a meno del “popolo renziano” e di quella classe dirigente che in Toscana – lo si voglia o no – è nata alla Leopolda, è cresciuta alla gavetta del territorio e, nei fatti, ha poco a che spartire con il cosiddetto (e famigerato) “giglio magico”.
Non è questione di fazioni, correnti o simpatie. È questione di dati. E sui dati non c’è Zingaretti che tenga!