Bisognerà abituarsi: di gratis se ne sentirà parlare sempre meno. Perfino per l’arte, per i beni culturali, per il turismo. “L’Italia è la nazione più bella del mondo, ma non ancora la più brava a vendersi – ha detto la ministra Daniela Santanchè in una recente intervista a MF -. Dobbiamo sfruttare al meglio il nostro immenso patrimonio storico, artistico e culturale. Non può più essere gratis tutto per tutti. Bene ha fatto il ministro Sangiuliano con il Pantheon dove, dopo l’introduzione dell’ingresso a pagamento, i visitatori sono cresciuti. Prima di questo Governo nessuno pagava il biglietto. In Spagna si paga per entrare nelle chiese, in Francia o in Grecia si paga anche l’aria che si respira. Su questo aspetto ritengo giusto allinearci al modus operandi dei nostri competitor e mettere a reddito le nostre bellezze”. Non sfuggono al business nemmeno le bellezze naturali: “Abbiamo un vulcano vivo che è l’ Etna – ha aggiunto la ministra -, gli americani fanno i vulcani finti e noi non riusciamo a mettere a reddito l’Etna. Fino a oggi abbiamo subìto il turismo, il passo in avanti è ora quello di organizzarlo”.



È una visione molto imprenditoriale, forse eticamente discutibile, un freno al turismo diffuso e democratico, ma che potrebbe risponde alla necessità di contingentamento dei flussi che deriva dall’overtourism, il soffocamento delle destinazioni e delle attrazioni più frequentate, il mordi e fuggi che scippa un selfie ma non lascia alcun beneficio sul territorio e sulle amministrazioni che devono curare il patrimonio che fa da sfondo a quegli scatti col cellulare. Bisognerà passare attraverso un upgrading culturale, in senso contrario al mainstream che vorrebbe contenuti liberi, come musica, informazione, video, ma anche arte e cultura. Per non dire delle bellezze naturali, architettoniche, urbanistiche.



Lo sa bene Venezia, che per arrivare al ticket d’ingresso ha percorso un iter faticoso, alla ricerca di un’intesa culturale ancor prima che politica, un percorso durato mesi, se non anni, ma che adesso è sfociato nel risultato. Da martedì scorso è entrato in funzione il nuovo portale per la prenotazione della visita a Venezia con contributo di accesso (il sito è https://cda.ve.it). Un portale che funziona: già nel primo giorno si sono registrati centinaia di accessi (più residenti che turisti, in realtà). Sul web si prenota l’accesso, si chiede l’eventuale esenzione o si pagano i 5 euro a persona previsti. A Venezia, dunque, si potrà arrivare solo con pagando il ticket nelle 29 giornate più a rischio superaffollamento: dal 25 al 30 aprile, dal primo al 5 maggio, e tutti i fine settimana fino al 13-14 luglio (esclusa solo la Festa della Repubblica 1-2 giugno). Non sono tenuti al pagamento i residenti, gli under 14, gli studenti, i lavoratori pendolari, i turisti che pernottano in città. Per dimostrare di avere prenotato e pagato l’accesso, così come di essere esclusi o esenti dal pagamento (come i residenti in Veneto), bisognerà esibire l’apposito voucher contenente il Qr-code.



Si vedrà se il ticket servirà davvero a limitare i flussi in ingresso nelle giornate più “calde”. Certo è che la situazione della città è evidentemente difficile. Lo scorso settembre il collettivo veneziano OCIO aveva allertato “sul sorpasso del numero di residenti a Venezia da parte dei posti letto turistici”. E adesso “mentre la soglia dei 50.000 residenti è già stata superata in negativo, durante queste ultime settimane quella dei 50.000 posti letto turistici è stata ampiamente raggiunta. Circa la metà di questi posti letto (il 44%) è in spazi che non hanno una destinazione d’uso turistico-ricettiva: sono case. Delle 6.813 strutture attualmente censite sul portale GeoIDS, 5.764 (cioè l’84%) sono infatti locazioni turistiche. Queste ultime sono cresciute a un ritmo impressionante da quando OCIO ha avviato il suo monitoraggio a gennaio 2019: allora erano 4.773 per 17.827 posti letto. Nella Città Storica di Venezia, dunque, in questi ultimi 5 anni in media ogni due giorni una casa è scomparsa dal mercato residenziale per entrare in quello turistico”.

Insomma, oltre al ticket per l’ingresso, Venezia avrebbe forse bisogno urgente di una sorta di contingentamento degli affitti brevi, sempre che non si sia già superato il punto di non ritorno, che vede la città trasformata in una sorta di museo con annesso ostello diffuso.

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