L’ultima narrazione di Musk, come anche molte altre, avrà affascinato milioni di appassionati di fantascienza, acceso una speranza in un numero altrettanto grande di malati e a una manciata di grandi investitori avrà fatto brillare gli occhi e probabilmente preparare il portafogli.
Ho utilizzato il termine narrazione non casualmente, perché allo stato attuale di questo sta discutendo mezzo mondo. Tutto quello che abbiamo è una breve storia raccontato dal più grande mago di sempre della comunicazione finanziaria. Tuttavia, non è di questo che voglio parlare, perché mi limito a fare il mio mestiere e quindi laddove si intravvedono grandi opportunità cerco di capire quali sono gli inevitabili rischi che le accompagnano.
La notizia è nota: Musk ha annunciato che la sua Neuralink, tramite intervento chirurgico, ha impiantato con successo un microchip dotato di funzionalità wireless nel cervello di un paziente. Questo sarebbe l’avvio della sperimentazione sull’uomo di tecnologie utili alla cura di malattie e lesioni cerebrali e a migliorare la qualità della vita di quei pazienti afflitti da paralisi o amputazioni (banalmente permetterebbe di utilizzare smartphone e PC con il solo pensiero). Musk ha affermato che i risultati sono incoraggianti.
Adesso facciamo almeno due atti di fede. Il primo. L’uomo più ricco del mondo ha detto la verità e a breve verrà resa nota una più approfondita descrizione tecnica. Il secondo. L’oggetto impiantato non è nocivo per gli esseri umani dato che La Food and Drug Administration ha dato il consenso alla sperimentazione sull’uomo.
Adesso, però, facciamo qualche considerazione tecnologica. Sappiamo che si tratta di un dispositivo wireless e di conseguenza raggiungibile da remoto (quanto da remoto non è noto). La storia ci dice che non esiste un sistema inviolabile e se è raggiungibile allora è per certo attaccabile. Lo ha dimostrato il caso dei pacemaker e dei defibrillatori che, secondo una ricerca dell’Università Tor Vergata di Roma, sono stati oggetto negli ultimi cinque anni di almeno 150-200 attacchi. Da questo ne segue che forse si dovrebbero fare adeguati test sul software e hardware utilizzati.
Detto ciò, sarebbe utile tenere presenti un altro paio di questioni. In primis, la comunicazione tra il paziente e lo smartphone sarà a due vie e forse ci dovremmo domandare se e quali pensieri si potrebbero mettere letteralmente nella testa delle persone. Inoltre, non meno importante sarebbe importante sapere quali garanzie ci sono per la privacy del soggetto. Quante aziende sognano di essere nella testa di un consumatore e quanti Governi in quella dei cittadini? Si tratterebbe di qualcosa per cui ci sarebbero milioni di organizzazioni pronte a pagare qualsiasi cifra. Forse sarebbe proprio questa la gallina dalle uova d’oro, quella che non avrebbe prezzo se non la perdita dell’ultimo brandello di privacy e delle briciole di libertà che ci restano.
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