Esiste una seconda carta d’identità in grado di rivelare chi siamo: si tratta del cibo che mangiamo quotidianamente, che adorna e arricchisce le nostre tavole e denuncia, seppur inconsapevolmente, la nostra personalità. È quanto spiegano nel loro libro “Scelte Alimentari” (edizioni Il Mulino) Nicoletta Cavazza, docente di Psicologia sociale e Psicologia della persuasione presso l’Università di Modena-Reggio Emilia, e Margherita Guidetti, anch’essa insegnante di Psicologia sociale nel medesimo ateneo della collega. Nel volume sono contenuti tutti i risultati delle loro ricerche sugli aspetti psicosociali dell’alimentazione, avviati ormai tre lustri fa prendendo come riferimento inizialmente i comportamenti alimentari di adolescenti e adulti, sino ad arrivare a tutti i grandi stereotipi che oggi ci sono ben noti e che generano attacchi ripetuti ai cosiddetti “mangiatori del nostro tempo”: vegani, crudisti, fruttariani, macrobiotici e così via. Tutti con la loro filosofia, la loro linea di pensiero e numerose argomentazioni alla base delle proprie convinzioni.



Il CIBO CHE MANGIAMO RIVELA CHI SIAMO: CHI MANGIA SANO È DAVVERO MIGLIORE DEGLI ALTRI?

In un intervento pubblicato sulle colonne del quotidiano “La Repubblica”, le autrici sottolineano come uno degli elementi caratterizzanti del nostro rapporto odierno con il cibo sia la frammentazione delle scelte alimentari. “La globalizzazione dei mercati e la destagionalizzazione delle colture hanno allargato radicalmente l’offerta alimentare – commentano le scrittrici -. Le persone si trovano a scegliere fra molte più alternative di un tempo e questo porta l’individuo a definire i propri criteri di selezione: ognuno si relaziona col cibo secondo una configurazione personalizzata di criteri. Il consumo alimentare allora è un atto comunicativo: molte ricerche mostrano che il giudizio sociale è straordinariamente ancorato ai comportamenti alimentari. “Per esempio – proseguono – chi mangia cibo sano è considerato più intelligente, responsabile, morale e attraente rispetto a chi mangia cibo spazzatura, ma meno socievole, meno divertente, più noioso e più infelice”. Sono stereotipi, al pari di quelli inerenti ai vegani, spesso oggetto di pregiudizi e discriminazioni.

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